Una lavoratrice padovana, impiegata nel servizio di portierato in un magazzino della grande distribuzione, è stata pagata per 12 mesi all’anno soltanto 3,96 euro l’ora. Lo stipendio, definito “anticostituzionale” da un giudice del lavoro di Milano, non garantiva il diritto del lavoratore a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza dignitosa. La dipendente ha chiesto la nullità degli articoli 23 e 24 del CCNL Servizi fiduciari e il diritto a percepire una retribuzione che rispetti i principi dell’articolo 36 della Costituzione. La sentenza ha condannato la società a corrispondere le differenze retributive a favore della dipendente, prendendo come riferimento il CCNL ‘Portierato’. Inoltre, ha stabilito che anche gli altri contratti di settore sono inadeguati perché prevedono una retribuzione al di sotto della soglia di povertà. Il leader M5S Giuseppe Conte ha preso posizione sulla vicenda, dichiarando di lottare in Parlamento per l’introduzione di un salario minimo di 9 euro l’ora, affinché nessuno in Italia sia più sottopagato o sfruttato.

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