Il mondo del giornalismo televisivo italiano è stato scosso da una serie di eventi che sembrano tutti interconnessi. Innanzitutto, la decisione di Urbano Cairo, proprietario della rete televisiva La7, di sospendere in anticipo il programma Non è l’Arena, condotto da Massimo Giletti. Successivamente, vi è stata la notizia di un’incursione delle forze dell’ordine nella casa di Giletti, ufficialmente smentita dal giornalista ma confermata da altre fonti. Infine, è emerso che Giletti è stato ascoltato dalla Dia a Firenze riguardo alle sue interviste a Salvatore Baiardo, favoreggiatore della famiglia mafiosa dei Graviano.
Giletti ha smentito di aver pagato 30mila euro a Baiardo per le sue prestazioni televisive, ma ciò non toglie il fatto che la produzione di Non è l’Arena risponde a Cairo e che questo potrebbe aver pesato nella decisione di sospendere il programma. Inoltre, Baiardo ha pubblicato un video delirante su TikTok poco prima della sospensione del programma che lo ha reso famoso.
Il giornalismo di Giletti ha rotto le scatole all’Antimafia più che alla mafia, poiché le illazioni di Baiardo hanno ottenuto più spazio mediatico dei servitori dello Stato che si sono impegnati per catturare Matteo Messina Denaro. Tuttavia, le trasmissioni di Giletti si sono spinte in terre di nessuno dove ogni fonte può rappresentare un depistaggio o un favoreggiamento.
Baiardo era stato giudicato inattendibile da molteplici fonti giudiziarie e giornalistiche, ma Giletti gli aveva dato spazio nel suo programma. La sospensione di Non è l’Arena potrebbe essere stata causata dai contatti del conduttore con la tv pubblica, ma ciò è solo una supposizione.
In ogni caso, il mondo del giornalismo televisivo italiano sembra essere in crisi e questi eventi fanno emergere la necessità di fare chiarezza sul ruolo dei media nella lotta alla mafia e alla criminalità organizzata.