È una mattina del 26 aprile 1945 quando una colonna di fascisti in fuga da Milano, decisa a raggiungere Como e poi la Valtellina, percorre l’autostrada. Nell’incrocio con le formazioni partigiane che marciavano sulla città, avviene un scontro a fuoco. Nonostante la sproporzione delle forze, i fascisti ebbero la meglio e prelevarono, alla periferia di Milano, come ostaggio, il giovane Lattuada, con l’evidente proposito di farsene scudo in caso d’uno scontro con gli insorti.

La storia ha due protagonisti principali: la prima è Giuseppina Anselmi, vent’anni nel 1945, ausiliaria del S.A.F., il “Corpo Femminile Volontario per i Servizi Ausiliari delle Forze Armate Repubblicane”, il secondo è Francesco Lattuada, la vittima. Dopo la scaramuccia, il giovane Lattuada fu costretto a scendere dall’autocarro e fu allora che la Anselmi si sarebbe fatta avanti impugnando una rivoltella e senza una parola l’avrebbe scaricata sul prigioniero.

La versione dei fatti riportata dai quotidiani nel dopoguerra non combacia perfettamente con quanto realmente accaduto. La colonna fascista esibì inizialmente una bandiera bianca in segno di resa, i partigiani usciti allo scoperto furono colpiti e iniziò lo scontro a fuoco. Giunsero nel frattempo altri partigiani e il Prevosto di Saronno, che si propose come mediatore. Si arrivò ad una tregua, rapidamente disattesa dai fascisti, che aprirono nuovamente il fuoco e poi proseguirono per Como. Si contarono dieci caduti partigiani e tre morti tra i fascisti.

Alla fine di marzo del 1949 si tenne presso la Corte d’Assise di Milano il processo a carico dell’ex ausiliaria Anselmi. La ragazza dichiarò di non aver affatto ferito, e poi di non aver colpito mortalmente. La colpa dell’uccisione del partigiano Lattuada venne addossata al Mannao, ormai “uscito di scena”, avvalorò questa versione dei fatti anche il milite repubblichino Raffaello Pepi, detenuto a Lucca e già condannato a trent’anni di prigione, presente il 26 aprile 1945 a Saronno.

Nella sua requisitoria, il Procuratore Generale Moltoni ritenne l’Anselmi colpevole del reato di “mancato omicidio” e chiese una pena di 10 anni di reclusione. La breve camera di consiglio portò la Corte a giudicare l’ex ausiliaria “colpevole di tentato omicidio e di furto aggravato, ma essendo prevista per tali reati l’applicazione dell’amnistia” l’Anselmi fu prosciolta.

Questa vicenda, purtroppo, rappresenta uno dei tanti episodi di violenza e terrore che hanno caratterizzato la storia del nostro paese durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale. Oggi, a distanza di tanti anni, è importante ricordare e onorare la memoria di tutti coloro che hanno lottato per la libertà e la democrazia. Buona Festa della Liberazione a tutti.

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