Il maxi processo Mensa dei Poveri, che ha visto tra gli imputati anche l’europarlamentare saronnese Lara Comi, accusata di corruzione, false fatture e truffa ai danni dell’Unione Europea, ha raggiunto le battute finali a Milano. Le richieste di condanna non sono state leggere per molti degli imputati, tra cui l’imprenditore Daniele D’Alfonso, per cui è stata chiesta una condanna a 9 anni e 10 mesi, e l’ex vicecoordinatore lombardo del partito di Silvio Berlusconi Pietro Tatarella, per cui è stata chiesta una condanna a 7 anni.

Anche per l’ex consigliere regionale, oggi sindaco in Abruzzo, Fabio Altitonante, è stata chiesta una condanna, seppur meno pesante, di tre anni e tre mesi con il riconoscimento delle attenuanti generiche. Per l’ex deputato Diego Sozzani, invece, è stata richiesta una multa di 30mila euro per finanziamento illecito, ma è stata chiesta l’assoluzione dall’accusa di corruzione.

Tuttavia, la richiesta più pesante è stata per il presunto “mullah” di Forza Italia a Varese Nino Caianiello, considerato l’epicentro del sistema di mazzette, tangenti, appalti finanziamenti illeciti e nomine pilotate. Nonostante le accuse gravissime, Caianiello si è sempre dichiarato innocente.

In ogni caso, il maxi processo Mensa dei Poveri ha gettato luce su una realtà oscura e poco trasparente, che ha coinvolto diversi personaggi politici e imprenditori. Resta da vedere quale sarà la decisione finale del giudice, ma l’evento rappresenta un importante passo avanti nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata.

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