Lara Comi, eurodeputata di Forza Italia, è stata accusata di corruzione e truffa ai danni dell’Unione Europea nel processo Mensa dei Poveri, ma il suo avvocato Gian Piero Biancolella ha sostenuto la sua innocenza di fronte al collegio giudicante presieduto da Paolo Guidi. Il primo reato riguarda il contratto per i corsi di formazione dei dipendenti di Afol, voluto dall’ex direttore Giuseppe Zingale, che aveva dato l’incarico all’avvocatessa Maria Teresa Bergamaschi, amica e socia di Lara Comi. Secondo i giudici, Zingale e l’ex capo di Forza Italia Nino Caianiello avrebbero ricevuto una mazzetta da 10 mila euro in cambio del contratto di consulenza da 80 mila euro. Tuttavia, l’avvocato difensore ha sostenuto che il contratto con l’avvocato era un atto dovuto, in quanto le attività conferite alla Bergamaschi erano espressa volontà dell’organizzazione. Inoltre, il curriculum della Bergamaschi era impeccabile e anche il presidente dell’Organismo di Vigilanza ha confermato che era tutto regolare.

Il secondo reato riguarda la truffa all’Unione Europea relativa alla maggiorazione dello stipendio del collaboratore Andrea Aliverti. L’avvocato difensore ha sostenuto che il lavoro sia stato svolto regolarmente dal collaboratore e che era giusto dargli più soldi, sebbene ci fosse un accordo con Caianiello per la retrocessione, che comunque non è avvenuta. Inoltre, l’organo di controllo europeo riteneva lecito questo aumento di stipendio dopo un controllo accurato della produzione del collaboratore e ci sono le mail che lo provano.

Infine, il caso di truffa collegato ai contratti con il collaboratore Giovanni Enrico Saia. L’avvocato difensore ha sostenuto che non c’è alcuna prova che Lara Comi abbia intascato i soldi che spettavano a Saia, ma che l’amico e primo assistente Gravina e la moglie abbiano approfittato dell’amicizia di lunga data con l’eurodeputata per sottrarre i compensi di Saia per conto proprio. L’avvocato ha definito la Comi ingenua, perché si fidava ciecamente del terzo erogatore Bernieri, che gli avrebbe assicurato che tutto era sempre regolare.

In conclusione, l’avvocato difensore ha sostenuto che Lara Comi è vittima di un amico di cui si fidava ciecamente e che non ci sono prove che abbia commesso i reati di cui è accusata. L’accusa infamante deve essere respinta dal tribunale.

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