Il monastero di via Stefano a Seregno è al centro di una situazione delicata, come afferma il nuovo superiore, dom Benedetto Toglia, nominato “ad nutum abbatis generalis”, ovvero un commissario temporaneo per guidare la comunità in un momento difficile, anche a causa della salute precaria dell’abate Michelangelo Tiribilli. Dom Toglia ha descritto l’ambiente come degradato e allo sbando, e ha invitato i monaci a rimettere al centro la regola dettata da San Benedetto, soprattutto l'”ora et labora”, poiché una di queste due non è scarsamente praticata. Queste parole hanno suscitato clamore, ma molti frequentatori dell’abbazia hanno percepito un declino che si trascina da qualche anno.

Il declino si può dire cominciato nel 2009, l’anno delle dimissioni canoniche dall’incarico dell’abate dom Valerio Cattana. L’abbaziato di dom Valerio, come quello del predecessore Filiberto Ilari, coincide con il periodo più fulgido della storia dei monaci seregnesi, ma non ha suscitato vocazioni di giovani monaci che potessero raccogliere il testimone. Per nominare l’abate successore di dom Cattana sono stati chiamati prima dom Luigi Gioia, poi il priore greco dom Leo Kiskimis, e infine l’abate Tiribilli, che non è riuscito a tenere insieme una comunità ormai sbriciolata.

La sfida di dom Toglia è ambiziosa: ritornare ad essere un polmone di spiritualità. Tuttavia, in un momento storico in cui le vocazioni religiose segnano il passo in maniera importante, sarà interessante vedere cosa accadrà in futuro. L’abbazia San Benedetto è stata un punto di riferimento per la Congregazione, per la Diocesi di Milano, per la città e il circondario, e speriamo che possa tornare ad esserlo.

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