Il tribunale di Busto Arsizio ha emesso una sentenza di condanna nei confronti di Giovanni Garbin, un uomo di 50 anni di Sumirago, accusato di adescamento, produzione e adescamento di materiale pedopornografico. La pm Francesca Gentilini ha chiesto una pena esemplare per Garbin e l’accusa ha richiesto che l’uomo scontasse 13 anni e 8 mesi di carcere e pagasse una multa di 38 mila euro. Le accuse sono molto circostanziate e documentate grazie alle tracce lasciate dal suo operato sui suoi dispositivi e su quelli delle due parti civili costituite. Garbin avrebbe adescato numerose ragazze minorenni tra i 12 e i 14 anni attraverso un falso profilo che lo mostrava come un giovane ragazzo di bell’aspetto. Dopo i primi approcci, chiedeva il numero di telefono e passava su Whatsapp dove le conversazioni diventavano spinte, condite da richieste di foto delle giovani. In diversi casi, le ragazze hanno inviato all’uomo immagini hot, da cui l’accusa di produzione di materiale pedoporonografico.

La perizia psichiatrica eseguita dal professor Marco Lagazzi ha stabilito che Garbin è sano di mente e lo era anche al momento dei fatti. I legali di Garbin hanno puntato la loro difesa anche sulla perizia di parte, presentata da un loro consulente, che giudicava Garbin parzialmente incapace. Hanno cercato di far passare il messaggio che quanto accaduto è anche frutto di un cambiamento dei costumi tra i giovani e giovanissimi che oggi vivono vite parallele sui social network.

Alla fine, i giudici hanno deciso di condannare Garbin a 10 anni e 8 mesi di reclusione oltre al pagamento di 62 mila euro di multa. Inoltre, l’uomo sarà interdetto perpetuamente dalla tutela, curatela e amministrazione di sostegno, dai pubblici uffici e dalle professioni scolastiche e di istruzione. Prima della chiusura della fase istruttoria, Garbin ha voluto parlare e chiedere scusa alle vittime e alle famiglie per i danni che ha provocato, spiegando il percorso fatto fino ad oggi in carcere insieme ad uno psichiatra. La sentenza emessa dal tribunale di Busto Arsizio rappresenta un importante segnale di denuncia contro un reato gravissimo e un’ulteriore conferma della necessità di proteggere i minori dai pericoli del web.

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