Un nuovo studio condotto dal dottor Paolo Ghiringhelli, direttore di struttura complessa e primario dell’Unità operativa complessa di Medicina 2 dell’Ospedale di Busto Arsizio, ha attirato l’attenzione della comunità scientifica. Lo studio si è concentrato sull’Immunodeficienza Comune Variabile, una malattia rara che causa l’insufficienza di gammaglobuline nel sangue e aumenta il rischio di infezioni. Il caso clinico presentato riguarda una donna di 47 anni, ricoverata per dispnea in costante peggioramento e tosse produttiva.

La paziente era stata diagnosticata con l’Ipogammaglobulinemia Comune Variabile 26 anni prima in un centro ematologico di eccellenza. Era stata sottoposta a infusioni endovenose di immunoglobuline per almeno 20 anni. Nel 2021, la paziente è stata ricoverata a Busto Arsizio dove il dottor Ghiringhelli e la sua equipe hanno sottoposto la paziente ad approfonditi accertamenti. È stata riscontrata una bronchiolite bilaterale, un’infezione del tratto respiratorio inferiore e una insufficienza respiratoria parziale, all’interno del già noto quadro di Immunodeficienza Comune Variabile.

Il caso clinico è stato estremamente complesso. L’esperienza e le competenze dell’equipe del dottor Ghiringhelli, specialista oltre che in Medicina Interna anche in malattie polmonari, hanno consentito di studiare un percorso di cura ad hoc riportato nello studio pubblicato sulla rivista scientifica.

La paziente è stata trattata con un mix di antibiotico e acido clavulanico, una combinazione utilizzata per combattere le infezioni batteriche, oltre ad ossigenoterapia, e la situazione si è stabilizzata con la prescrizione di una ossigenoterapia a lungo termine.

Questo caso sottolinea l’importanza di correggere l’ipossiemia cronica con una adeguata ossigeno terapia di lunga durata, soprattutto in quei pazienti affetti da ipossiemia cronica con ipertensione polmonare come nel caso della paziente descritta con Immunodeficienza Comune Variabile.

Il dottor Ghiringhelli sottolinea che “il nostro studio è stato citato per un riconoscimento all’interno della comunità scientifica perché, a fronte di un caso clinico molto complesso, la nostra equipe è stata in grado di comprendere ciò che agli ultra specialisti era sfuggito: la paziente era in insufficienza respiratoria subclinica, soprattutto di notte e sotto sforzo, e questo comprometteva l’equilibrio fisico della stessa. Con la somministrazione cronica di ossigeno, si è stabilizzata dal punto di vista generale e cardio respiratorio. Siamo dunque orgogliosi di questo riconoscimento che dimostra come, per raggiungere i migliori risultati clinici, è necessaria la compartecipazione di tutte le figure professionali presenti in un ospedale”.

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