Il processo per l’assassinio di Sana Cheema, la giovane pakistana di 24 anni uccisa nel 2018 per aver rifiutato un matrimonio combinato, è stato aggiornato al 10 ottobre. Tuttavia, questa mattina si è tenuta un’altra udienza a Brescia, dove sono imputati il padre e il fratello della giovane, ma i quali non si sono mai presentati in aula in Italia.

Un ragazzo che ha avuto contatti con Sana tramite Facebook ha testimoniato di aver parlato con lei mentre si trovava in Pakistan. La ragazza gli aveva confessato che i suoi genitori stavano cercando di farla sposare, ma lei era contraria. Voleva essere libera di vivere secondo le mode occidentali, ma i parenti possono aver visto questa sua scelta come una sorta di disonore.

La vicenda è purtroppo solo l’ennesimo esempio di violenza contro le donne, soprattutto in contesti culturali in cui il matrimonio combinato è ancora una pratica diffusa. È importante che la giustizia sia fatta e che i responsabili di questo crimine siano puniti. Tuttavia, è altrettanto importante che si continui a lavorare per promuovere una cultura di rispetto e di uguaglianza di genere, al fine di prevenire futuri atti di violenza.

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