COCQUIO TREVISAGO – Ricerca di un prestito e viene ingannata online: condannato il truffatore.
La storia spiacevole è capitata a una donna di 60 anni. La donna, alla ricerca di un prestito online, è finita nella trappola di un truffatore che, dopo aver convinto la vittima a versare soldi per avviare delle procedure, è sparito nel nulla. L’uomo, un 42enne di Rimini, si spacciava per un professionista nel settore finanziario ed è stato processato presso il Tribunale di Varese, dove questa mattina, martedì 11 luglio, è stata pronunciata la sentenza di condanna: 4 mesi di reclusione con pena sospesa, una formula che gli permetterà di ottenere l’estinzione del reato dopo un periodo di buona condotta.
La ricerca online
La vittima, una sessantenne residente nel piccolo comune della Valcuvia, non si è costituita parte civile nel processo e quindi dovrà avviare un’ulteriore causa per un eventuale risarcimento. È entrata in contatto con il truffatore online nell’estate del 2020. Sono seguiti scambi telefonici in cui l’uomo ha dato istruzioni alla sua vittima, avvisandola della necessità di effettuare ricariche sulla carta Postepay (in totale la signora ha versato 78 euro) per coprire le spese relative alla procedura del prestito. L’uomo ha poi specificato che si sarebbe recato nell’alto Varesotto per consegnare alla donna un assegno del valore di circa 3mila euro.
Sparito nel nulla
La donna ha seguito le indicazioni e si è recata in un tabacchino per ricaricare la carta Postepay dell’uomo, che però è poi sparito nel nulla. Con le ricevute di quei pagamenti, la signora si è recata dai carabinieri di Besozzo per sporgere denuncia.
La testimonianza
Prima della sentenza, la sessantenne ha risposto alle domande delle parti ricostruendo l’episodio, avvenuto in un periodo di grande difficoltà: “Ero disoccupata, mio marito aveva problemi con il lavoro e avevamo spese da sostenere. Non ho mai visto quell’uomo”, ha aggiunto riferendosi all’imputato, “ma ricordo che voleva parlare solo con me, non con mio marito”. Un quadro chiaro per il pubblico ministero, che ha chiesto la condanna dell’imputato, sottolineando che se la donna non si fosse insospettita dopo aver versato i primi soldi, il meccanismo della truffa non si sarebbe interrotto.