Nonostante non neghino di aver avuto rapporti con le vittime e di aver ricevuto soldi da loro, l’infermiere e l’architetto arrestati insieme a un terzo soggetto si difendono dalle accuse di circonvenzione di incapace mosse dalla Guardia di Finanza di Varese su ordine del Tribunale di Busto Arsizio.

I tre sono stati interrogati questa mattina. I due professionisti di Busto Arsizio hanno fornito la loro versione dei fatti, mentre il terzo indagato, che risiede a Pescara, nega tutto. “I miei assistiti vogliono assolutamente dare la loro versione dei fatti”, spiega l’avvocato Rita Mallone, che difende i due in carcere a Busto. “Loro si sono relazionati con le presunte persone offese ma respingono gli addebiti così come formulati nelle accuse. Non c’è stata nessuna coercizione e non c’è stata nessuna violenza nei confronti di queste persone”.

Le dichiarazioni spontanee dei due principali protagonisti delle accuse si fermano qui, ma l’avvocato aggiunge: “Coi tempi tecnici a nostra disposizione proveremo quello che sosteniamo. Vogliamo approfondire il fascicolo e soprattutto la documentazione che comprovi la fragilità psichica delle vittime, nel massimo rispetto del lavoro della Procura ma anche a tutela dei miei assistiti e delle loro famiglie che si sono viste crollare il mondo addosso”.

Le accuse sono pesanti. Secondo il sostituto procuratore Ciro Caramore, che ha condotto le indagini eseguite dal Nucleo Polizia Economica del Comando di Varese, vi è un’assoluta gravità della condotta dei tre che, con ruoli differenti ma tutti necessari per il successo del progetto criminale, hanno manipolato a lungo e in modo fiorente (anche durante le indagini) donne sole e con minorata capacità psichica, inducendole a compiere atti di disposizione patrimoniale dannosi e pregiudizievoli per i loro interessi e per importi considerevoli.

Si parla di oltre un milione di euro di patrimoni che le due vittime, entrambe fragili fisicamente e psichicamente, avrebbero fatto gestire ai tre, i quali avrebbero approfittato del loro stato di difficoltà per appropriarsene e disporne a proprio vantaggio.

Una delle due, nonostante avesse ereditato immobili e denaro dai genitori, si è ritrovata a vivere di sussidi e ad alloggiare in un appartamento fornito dal comune. L’altra è stata sedotta dall’infermiere che le ha fatto credere di avere una relazione sentimentale con lui, al punto da convincerla a firmare una polizza vita.

Ora il giudice per le indagini preliminari Stefano Colombo dovrà decidere se confermare la misura cautelare in carcere o disporre diversamente.

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