La rivolta dei frontalaschi contro le guardie forestali nel 1866

Nel 1866, nel piccolo paese di Frontale, situato nella Valtellina, si verificò una rivolta popolare contro le guardie forestali del neonato regno sabaudo. All’epoca, la Valtellina era considerata l’Irlanda italiana a causa della povertà estrema che vi regnava.

Il 17 febbraio di quell’anno, due guardie forestali di Grosio furono inviate a perquisire alcuni casolari nelle frazioni di Frontale e Fumero, insieme a tre guardie comunali e al cursore, su ordine del sindaco. L’obiettivo era quello di sequestrare legname proveniente da tagli abusivi sul suolo pubblico, un reato molto diffuso in quel periodo.

Tuttavia, le guardie si trovarono di fronte a una folla di circa 150 persone armate di tridenti, zappe e persino fucili, che suonavano le campane a stormo. Questa situazione costrinse le autorità a ritirarsi, abbandonando il legname che avevano requisito.

La magistratura intervenne e individuò i capi della rivolta, che furono rinviati a giudizio con l’accusa di ribellione. Tra i detenuti in prigione c’erano Antonio e Lorenzo Cossi, Martino Della Valle, Stefano Peraldini e Pietro Ricetti, mentre Martino Cossi e Giovanni Peraldini erano latitanti. Gli imputati furono difesi dagli avvocati Merizzi e Piazzi.

Il processo si concluse il 22 novembre dello stesso anno, con l’assoluzione di tutti gli imputati. Questa sentenza rappresentò un sollievo per i frontalaschi coinvolti nell’accaduto. Sebbene i motivi della decisione non siano noti, è innegabile che la giustizia abbia corretto una sopravvalutazione dell’autorità pubblica in quel caso.

La rivolta dei frontalaschi contro le guardie forestali rimane un episodio significativo nella storia della Valtellina, segnando un momento di ribellione e di sfida all’autorità costituita.

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