Roberto Saviano, lo scrittore italiano noto per i suoi scritti sulle organizzazioni criminali, è stato condannato a una multa di 1.000 euro per diffamazione nei confronti del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Durante una puntata di ‘Piazzapulita’ su La7 nel dicembre del 2020, Saviano aveva chiamato Meloni ‘bastarda’. La Procura aveva chiesto una pena pecuniaria di 10.000 euro, ma il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche per Saviano, tra cui l’aver agito “per motivi di particolare valore morale”, sospesa la pena e non menzionato nel casellario giudiziario. La difesa di Saviano ha annunciato ricorso in Appello contro la sentenza.

Dopo la sentenza, Saviano ha dichiarato: “Perdere oggi è un esempio di ciò che accadrà domani, porta ancora di più a capire la situazione che stiamo vivendo, con un potere esecutivo che cerca continuamente di intimidire chiunque racconti le loro bugie”. Ha aggiunto che ha notato il continuo tentativo del governo di fermare e intimidire coloro la cui voce temono, paragonando il governo italiano a quello di Orban. Ha anche sottolineato che uno degli obiettivi di questo governo è mettere le mani economicamente su coloro che li contestano.

Saviano ha affermato che non c’è onore più grande per uno scrittore che vedere le proprie parole portate a giudizio perché il capo del governo le teme. Ha definito il processo un’intimidazione e ha criticato il potere politico per cercare di limitare il periodo nel quale uno scrittore può esprimersi. Ha concluso che impedire il dissenso significa colpire a morte il cuore pulsante della democrazia.

Il legale di Giorgia Meloni, Luca Libra, ha affermato che chiamare qualcuno ‘bastardo’ non è una critica ma un insulto, e che nessuno è al di sopra del codice penale. Ha chiesto un risarcimento di 75.000 euro più una provvisionale non inferiore a 50.000 euro.

Questa sentenza ha sollevato dibattiti sulla libertà di espressione e sulle limitazioni imposte dal potere politico. Molti sostengono che i politici non dovrebbero cercare di intimidire o limitare le critiche, ma piuttosto affrontarle nel dibattito pubblico. Altri, invece, ritengono che sia giusto punire le diffamazioni e gli insulti, anche quando provengono da personalità pubbliche. Sarà interessante vedere come si svilupperà il ricorso in Appello e se questa sentenza avrà un impatto sul dibattito intorno alla libertà di espressione in Italia.

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