La testimonianza di Andrea Barbieri: la paura vissuta in Israele durante l’attacco di Hamas

La paura è un sentimento che può scaturire da qualsiasi evento traumatico. Anche qui a Bergamo, a 2.600 chilometri di distanza da quel pezzo di Medio Oriente insanguinato dalla guerra, un rumore forte o il suono di una sirena possono scatenare la paura. Andrea Barbieri, un bergamasco di 45 anni, sviluppatore di software, ha appena fatto ritorno da Israele, dove vive da otto anni, insieme ai suoi tre figli. Sua moglie, Ma’ayan, è rimasta in Israele per aiutare come medico in un’epidemia che si è trasformata presto in una catastrofe.

La paura vissuta sabato 7 ottobre, all’alba, segnata dalle bombe e dal blitz di Hamas, è ancora un ricordo vivido per Barbieri. La sua famiglia vive a Yavne, una città a soli 40 minuti di distanza da Sderot, praticamente al confine con Gaza. “Vivo lì con mia moglie da otto anni, ci siamo conosciuti dieci anni fa a Pavia, dove lei studiava Medicina, e poi ci siamo trasferiti in Israele”, racconta Barbieri. Tutto è cambiato improvvisamente una settimana fa: “Dalle 6:30 del mattino abbiamo iniziato a sentire i missili. Ci siamo rifugiati nella ‘mamad’, la stanza di sicurezza obbligatoria in tutte le case costruite negli ultimi trent’anni”, spiega Barbieri. “Abbiamo capito subito che non era il solito attacco: le sirene continuavano a suonare, dopo circa un’ora sono arrivati i primi video sul telefono. Abbiamo visto i terroristi sfondare il confine, questo ci ha fatto capire la gravità della situazione: quell’area è sorvegliata da droni e robot ad altissima tecnologia, la situazione era inedita. Dopo un’altra mezz’ora è arrivato il comunicato del governo, è stato il panico”.

Durante quelle ore di sangue, sono morte anche persone a cui Barbieri era molto legato. “Penso a un caro amico con cui mi allenavo nel tempo libero. Faceva parte delle forze speciali dell’Esercito, quando ho visto i video dell’invasione ho subito pensato a lui. Gli ho mandato un messaggio su WhatsApp: ‘Stai attento, stai al sicuro’, gli ho scritto. Ma il suo telefono non si è più connesso, dopo dodici ore ho saputo che era morto in un attacco. Aveva 29 anni, si era appena sposato e aveva una bambina di otto anni”, sospira Barbieri. Poi un altro pensiero di dolore: “Se scorro Facebook ora, trovo le notizie di altre persone che conosco e che sono morte”.

Barbieri è tornato a Bergamo giovedì scorso insieme ai suoi tre figli. Dopo lo shock dell’alba di sabato, lui e sua moglie hanno iniziato a riflettere sulle scelte da fare. “Ci guardavamo e ci chiedevamo: e ora cosa succederà? Come andrà a finire? Arriveranno attacchi anche dal Libano? Si sveglieranno cellule interne del terrorismo? Quando Hamas ha sfondato il confine, in Israele sono entrati molti terroristi, e alcuni potenzialmente potrebbero essere ancora lì. Sembrano forse domande sciocche, perché nessuno sa cosa succederà, ma abbiamo valutato ogni possibile circostanza”. La situazione ha imposto una temporanea separazione: “Mia moglie è rimasta in Israele perché è medico, e di medici c’è bisogno ovunque. I medici maschi non possono proprio uscire dal Paese; alle donne è stata data la possibilità di andarsene, ma è stato loro chiesto caldamente di rimanere, per poter dare il cambio ai colleghi maschi”. Così Barbieri ha iniziato una complicata ricerca di un volo: “È stato molto difficile. Appena ho capito che i terroristi erano entrati in massa nel Paese, ho subito bloccato un volo per l’Italia, che però è stato cancellato. Poco dopo, è stato cancellato l’80% dei voli. Solo la compagnia di bandiera israeliana, El Al, continua a volare e per questo tutti la cercano. Sono andato in aeroporto per provare a prendere i biglietti, ma dopo sei ore di coda il desk ha chiuso. Alla fine abbiamo trovato un volo charter di Neos e giovedì siamo atterrati a Verona”.

A Bergamo, anche se fisicamente lontano da Israele, la paura rimane presente. “È molto difficile, anche per i bambini. Conviviamo con il ricordo dell’attacco: l’altro giorno stavamo passeggiando per strada a Bergamo, una ruspa ha messo la retromarcia e ci siamo spaventati per la sirena. Soprattutto la bambina più piccola è stressata dai rumori forti”. Cosa succederà ora? “Probabilmente tra una quindicina di giorni mia moglie verrà a trovarci in Italia, poi tornerà in Israele”, racconta Barbieri. “Il sentimento degli israeliani non è quello di andarsene. È un sentimento che comprendo anche io, dopo otto anni nel Paese. Ma c’è anche da fare una precisazione: la guerra è contro Hamas, non contro i palestinesi. Non bisogna confondere i piani. Israele reagisce all’attacco di Hamas”.

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