LOMELLO. Il Tribunale di Roma ha emesso una sentenza storica, condannando Rete Ferroviaria Italiana a risarcire la famiglia di Francesco Maria Cairo, un operaio pavese deceduto a causa di un mesotelioma pleurico, un tumore causato dall’esposizione all’amianto. La vedova, Rita Vaghi, e il figlio Roberto, riceveranno un risarcimento di 238.814 euro per il danno non patrimoniale subito. Cairo, originario di Lomello (Pv), ha lavorato per 32 anni (dal 1969 al 2001) come capo tecnico negli stabilimenti di Torino e Milano delle Ferrovie dello Stato, dove è stato esposto a polveri e fibre di amianto. Nel 2019 è stata diagnosticata la malattia che lo ha portato alla morte solo tre anni dopo. L’Inail aveva già riconosciuto la malattia come professionale, concedendo una rendita sia alla vittima che, successivamente, alla vedova, oltre alle prestazioni del Fondo vittime amianto. La decisione del tribunale romano attribuisce la responsabilità a Rete Ferroviaria Italiana per la mancanza di misure protettive per il lavoratore e il mancato controllo del loro effettivo utilizzo. La sentenza afferma che: “Ferrovie dello Stato, nonostante fossero consapevoli dell’effetto nocivo dell’amianto ampiamente utilizzato sui mezzi ferroviari, non solo hanno omesso di assicurare l’uso corretto dei dispositivi di protezione individuale disponibili, ma hanno anche permesso lo svolgimento di attività a rischio amianto in ambienti comuni, coinvolgendo anche lavoratori destinati ad altre mansioni…”. L’impiego di amianto sui mezzi ferroviari è una delle attività più a rischio di esposizione a questa pericolosa sostanza cancerogena, con 696 casi di mesotelioma registrati fino al 2018, secondo i dati dell’Inail. “Quando arriva la giustizia, è quasi sempre troppo tardi perché nessuno può riportare in vita un padre”, ha commentato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale della famiglia. Bonanni sottolinea che le Ferrovie dello Stato hanno utilizzato l’amianto in modo irresponsabile, nonostante fossero già consapevoli dei suoi effetti sulla salute umana. Solo a seguito di numerose condanne hanno avviato un processo di bonifica tardivo. Ora è necessario risarcire le vittime e i loro familiari, e liberare il territorio da questa fibra assassina per evitare ulteriori morti.

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