VARESE – Un 35enne di origine albanese residente a Varese è stato accusato di maltrattamenti, stupro di gruppo e sequestro di persona. Il processo si è svolto a Milano e l’imputato è stato assolto nonostante la richiesta di condanna di 11 anni da parte dell’accusa.

Le accuse sono state presentate dalla moglie del cugino dell’imputato, che ha formalizzato la denuncia nel 2017. Secondo quanto riferito dalla donna, durante le festività natalizie del 2015, l’imputato e suo marito l’avrebbero tenuta prigioniera in una casa a Milano, maltrattandola e costringendola ad avere rapporti sessuali con il 35enne e con altri uomini non meglio identificati di origine maghrebina, mentre il marito guardava.

La difesa, guidata dall’avvocato Gianluca Franchi, ha dimostrato che al momento del presunto stupro di gruppo, il marito della donna si trovava in carcere. Di conseguenza, l’accusa ha “corretto” il capo di imputazione spostandolo al Natale del 2014. Si ipotizza che la presunta vittima, sotto shock, abbia potuto confondersi. Il processo è proseguito con il 35enne come unico imputato. Come accennato, la richiesta di condanna del pm è stata molto pesante, in linea con le accuse contestate.

Un punto di svolta è stato rappresentato dal vicino di casa della famiglia, che, interrogato dall’avvocato Franchi, non solo non ha riconosciuto il 35enne come frequentatore della casa, ma ha testimoniato in aula di aver visto più volte la donna sulla soglia di casa impegnata nelle pulizie e di averla vista giocare con suo nipote sul pianerottolo almeno in una occasione. Secondo il testimone, la donna non era segregata e poteva andarsene quando voleva. Inoltre, non ha mai chiesto aiuto ai vicini segnalando di essere in pericolo. Questo ha portato all’assoluzione totale del 35enne, “perché il fatto non sussiste”. Tuttavia, l’imputato rimane detenuto per altri reati.

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