Il cambiamento climatico e la fine imminente dei ghiacciai sono tematiche che interessano davvero poche persone. Nonostante gli avvertimenti degli studiosi, sembra che la maggior parte della gente sia disinteressata a questo problema. Eppure, entro 30 anni, i ghiacciai dell’Adamello e delle Alpi spariranno completamente, lasciando spazio a poche nevai e vaste morene. Questo scenario spaventoso è stato presentato chiaramente durante un incontro divulgativo presso l’Università della montagna di Edolo, che ha ospitato una delle serate organizzate dal Parco dell’Adamello come conclusione del progetto “ClimADA”. Durante l’incontro, si è discusso dello studio condotto sul Pian di Neve per analizzare la situazione drammatica causata dai cambiamenti climatici provocati dall’impatto umano sull’ecosistema.
Purtroppo, l’incontro non ha suscitato un grande interesse da parte del pubblico. Probabilmente, ci sono vari fattori che hanno contribuito a questa mancanza di partecipazione. Ad esempio, i rappresentanti delle associazioni ambientaliste non erano presenti, e in sala c’erano solo una decina di persone, mentre altre hanno seguito l’incontro in remoto.
Tuttavia, l’intervento del glaciologo Claudio Artoni, dell’Università Milano Bicocca, è stato molto interessante. Artoni si occupa dell’analisi di carote di ghiaccio e campioni di neve e ha presentato i primi risultati delle sue analisi sul Pian di Neve. Durante lo studio, sono stati trovati molti marker per la datazione della carota di ghiaccio, come ad esempio l’attività della Prima guerra mondiale e i test nucleari degli anni ’70. Inoltre, è stata evidenziata una significativa diminuzione dello spessore e dell’estensione del ghiacciaio più grande delle Alpi italiane, oltre al suo arretramento. Nelle carote sono state trovate tracce di polveri di sabbie sahariane, che rendono la superficie più scura e provocano una maggiore fusione durante i mesi estivi.
Artoni ha poi spiegato come avviene l’analisi delle carote di ghiaccio, che vengono portate nei laboratori e mantenute a una temperatura di meno 20 gradi. Durante la fase di fusione, vengono effettuate analisi microfisiche per osservare le particelle contenute, le loro dimensioni, la mineralogia e le proprietà ottiche e microfisiche.
La sparizione dei ghiacciai è sicuramente dovuta all’impatto umano sull’ambiente, anche se possono influire anche cicli climatici multisecolari o altri fenomeni. Tuttavia, è innegabile che stiamo emettendo troppa anidride carbonica nell’atmosfera e che la situazione peggiora ogni anno. Quindi, per la nostra generazione e per le future, le speranze di vedere questi luoghi come li hanno visti i nostri antenati sono praticamente nulle. La scomparsa dei ghiacciai potrebbe addirittura causare conflitti per l’acqua.