Il braccialetto elettronico, comunemente chiamato braccialetto, è uno strumento di controllo utilizzato dai giudici come alternativa al carcere per chi viene messo ai domiciliari o come misura preventiva nei confronti degli stalker. A Bergamo e provincia, questa misura è poco utilizzata e attualmente solo 34 persone indossano il braccialetto. La maggior parte di loro vive nella provincia, mentre solo il 10% risiede in città. La gestione dei braccialetti è affidata alla polizia di Stato e ai carabinieri. Il 65% dei casi riguarda persone ai domiciliari per reati legati agli stupefacenti o alle minacce, mentre il restante 35% riguarda gli stalker. La posizione del dispositivo può essere costantemente monitorata dalle forze dell’ordine, che vengono avvisate in tempo reale se il soggetto lascia il domicilio. La fornitura, la programmazione e l’applicazione dei braccialetti è gestita dalla società privata “Fastweb” in accordo con il ministero dell’Interno. A livello nazionale, sono in uso circa cinquemila braccialetti, mentre le persone ai domiciliari sono quarantamila. L’utilizzo di questa misura è ancora limitato in Italia a causa della mancanza di fiducia da parte dei magistrati e della difficoltà nel reperire i dispositivi. Tuttavia, molti condannati preferiscono stare ai domiciliari con il braccialetto piuttosto che in carcere. Secondo l’avvocato Riccardo Tropea, presidente della Camera penale di Bergamo, l’utilizzo del braccialetto andrebbe rilanciato in quanto garantisce maggiore sicurezza e risparmio di risorse. Tuttavia, il giudice Vito Di Vita, presidente della sezione gip/gup, preferisce optare tra i domiciliari o la custodia in carcere e non considera il braccialetto una soluzione ideale.