Nel contesto della bufera revisionista in cui tutto è lecito per mettere in dubbio la condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano per la strage di Erba, anche l’accusa di frode processuale nei confronti degli inquirenti, uno dei passaggi più delicati riguarda la macchia di sangue di Valeria Cherubini, con tracce di DNA di Mario Frigerio, trovata sull’auto di Olindo Romano. Per la difesa, questa prova presenta delle “criticità ontologiche”, addirittura una “traccia fantasma” che, sembrerebbe, potrebbe essere stata costruita a tavolino dai carabinieri.

L’ultima “breaking news” sul tema riguarda l’intercettazione registrata dalla microspia sull’auto di Olindo Romano, nel punto in cui, il 26 dicembre, cioè quando i carabinieri del nucleo investigativo di Como hanno trovato la macchia di sangue sul battitacco della Seat Arosa del vicino di Raffaella Castagna, dimostra come il brigadiere Carlo Fadda non era solo nel garage del comando provinciale durante le operazioni di repertazione. Per certa stampa si tratta di un giallo, la prova di una menzogna. Ma è davvero così? Il diretto interessato, in pensione ormai da alcuni anni dopo una vita trascorsa a effettuare sopralluoghi scientifici in tutta la provincia, ha accettato di ricostruire con noi quella sera cruciale.

Carlo Fadda, cosa ricorda di quel 26 dicembre di 17 anni fa? Ero a casa, libero dal servizio. Stavamo quasi per cenare. Quando, verso le 19, ricevo una chiamata dal comando per dirmi di rientrare perché c’erano dei rilievi da fare sull’auto di Olindo Romano. A quell’epoca il comando provinciale era ancora in via Borgovico. Chi ha trovato al suo arrivo? C’era il comandante del nucleo investigativo, il capitano Gargini, e un maresciallo mio collega. Inoltre c’erano dei colleghi che, più tardi, sono stati mandati a rifare il percorso seguito la sera della strage dai due indagati. Quando lei è arrivato al comando, c’era già la Seat Arosa di Olindo Romano? No, non ancora. I coniugi Romano sono arrivati in caserma tardi, saranno state le 22.30. E io ho iniziato i rilievi tecnici alle 23. Il verbale di accertamento tecnico urgente è firmato solo da lei. Ma nell’audio captato dalla microspia sulla Seat Arosa si sente che, dopo le 23, lei interagisce con un suo collega. Ora c’è chi parla di ombre sul prelievo, per questo motivo. Com’è andata? Il verbale l’ho firmato solo io perché io ho svolto l’accertamento. E io ero l’unica persona presente in quel momento in caserma abilitata a svolgere quel tipo di accertamenti. Nel garage, però, non ero solo, infatti c’era lo stesso Olindo Romano, che ha partecipato all’intera procedura di repertazione. E c’era anche un maresciallo mio collega, che era con il signor Romano e mi ha aiutato a spostare un faro e a portare in garage l’apparecchiatura per i rilievi. Inizialmente lei non ha trovato nulla, però, in quell’ispezione… Ho utilizzato la lampada crimescope che non ha evidenziato niente di così evidente. Poi ho spruzzato il luminol. E questo ha evidenziato luminescenze in quattro punti diversi. Ma queste luminescenze, nelle foto, non si vedono. Come mai? La luminescenza si verifica quando c’è buio completo. Le foto sono state scattate in presenza di luce, per questo non si vedono. Ma le foto sono state scattate nel punto in cui ho riscontrato la positività. In ogni caso, si vedono chiaramente gli aloni del liquido spruzzato. Le viene contestato di non aver messo i cartellini con le lettere o i numeri tipici dei rilievi scientifici. Perché? In realtà, i numeri e i riferimenti precisi a dove sono avvenuti i prelievi ci sono, in quanto li ho cerchiati e numerati sulle foto scattate. Quindi i riferimenti precisi ci sono. Lei ha detto che il luminol ha indicato quattro punti di prelievo, ma l’unico con tracce di sangue è quello sul battitacco. Come si spiega ciò? Il luminol spesso dà falsi positivi, ad esempio può dare luminescenze in presenza di ruggine o altre sostanze che reagiscono a contatto con il liquido. In ogni caso, noi procediamo al repertamento laddove si verificano quelle luminescenze, senza avere la certezza che si tratti di sangue. E infatti, io non sapevo se e quali di quei quattro punti avrebbero dato un esito positivo. Questo dato viene rivelato successivamente dal laboratorio dove vengono analizzati i reperti. Come avviene questa fase? Ora si utilizza una sorta di cotton fioc. Un tempo si utilizzavano dei piccoli rettangoli di carta assorbente, chiamata carta bibula, che venivano sfregati sulla zona indicata. Sfregati o appoggiati? Sfregati. È per questo motivo che gli aloni sul reperto analizzato in laboratorio dal dottor Previderè sembravano così estesi? Sì, esattamente. Non era la traccia di sangue a essere così grande. Tornando al prelievo, cosa avete fatto con i reperti? La carta non va chiusa subito, ma va fatta asciugare in un luogo sicuro per evitare contaminazioni. Poi, una volta asciutta, abbiamo diviso i quattro prelievi, li abbiamo messi in buste con l’indicazione del numero del reperto, sigillate, timbrate e firmate. Quindi, sono stati custoditi in un armadio blindato. Un paio di giorni dopo, li abbiamo mandati in laboratorio, quando la Procura lo ha disposto. Ora, nella richiesta di revisione, la difesa sembra suggerire che quel reperto sia stato manomesso. Sia sincero: eravate sotto pressione? Era un’indagine su una strage. E non c’è una sola persona che l’abbia mai presa alla leggera. Ma nessuno, né i miei superiori né la Procura, in alcun momento, ha fatto pressione affinché trovassimo elementi a carico dei coniugi Romano. E poi… Dica… Se proprio avessi dovuto creare una traccia falsa, non avrei certo scelto di metterla solo sul battitacco dell’auto. Sono sei anni che mettono in dubbio la nostra professionalità e la nostra correttezza. Questo fa male. Ma lei, in una conversazione rubata dalle Iene, sembra suggerire l’idea che quella traccia non sia così determinante. Ha detto che gli avvocati avrebbero dovuto insistere sull’ipotesi che quel sangue potesse essere stato trasportato per errore da altre persone in un altro momento. È quello che pensa? Assolutamente no. Il mio discorso era completamente diverso: siccome si ipotizzava la falsificazione di atti, io ho detto che prima di puntare il dito sull’onestà dei carabinieri, se proprio volevano cercare di smontare la prova sulla traccia di sangue, i difensori avrebbero dovuto insistere sull’ipotesi di contaminazione, non accusarci di malafede. Ma lei crede nell’ipotesi della contaminazione? Assolutamente no. Ma altri si sono espressi in tal senso.

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