La condanna per violenza domestica: una storia di separazione e conflitti familiari
Una donna con tre figli dal primo matrimonio si trova in una situazione di separazione dal marito. Nel frattempo, incontra un altro uomo con cui forma una famiglia e ha il suo quarto figlio. Tuttavia, le cose non vanno per il verso giusto. Ci sono scatti d’ira, parole sempre più pesanti e la richiesta di “rispetto” e di un comportamento familiare preciso, come cucinare bene. In un episodio, la pasta era troppo salata ed è stata la scintilla che ha fatto esplodere la rabbia.
Secondo l’accusa, ci sono state anche violenze da parte dell’uomo, incluso il lancio di sedie, bastoni e persino un computer contro il muro di fronte ai figli spaventati. L’uomo viene denunciato, ma dalla madre della donna. Viene allontanato dalla casa familiare durante le indagini. Oggi, si è concluso il processo con la condanna dell’uomo, un artigiano di 31 anni di origini marocchine senza precedenti penali. L’avvocato Alberto Zanzi, che ha difeso l’imputato, ha invocato principi giuridici basati su sentenze della Cassazione che richiedono una condotta specifica legata alla continuità degli episodi contestati e che abbiano profondamente sconvolto la vita delle parti offese.
“Tuttavia, ci sono solo tre episodi contestati nel corso di due anni. Non ci sono referti medici riguardanti eventuali lesioni subite dalla donna. Manca una testimonianza credibile dei minori che avrebbero assistito alle violenze. Il mio assistito si è sempre scusato dopo aver commesso i fatti contestati”, ha specificato Zanzi nel suo ragionamento in aula.
La parte civile, rappresentata dall’avvocato Raffaello Boni, che patrocina la donna e i quattro figli minori, ha chiesto il riconoscimento della responsabilità penale dell’imputato e ha proposto una cifra congrua da devolvere ai centri antiviolenza e da rifondere ai figli attraverso libretti di risparmio. Il pm Giulia Grillo, nella sua requisitoria, aveva chiesto sei anni di reclusione, considerando l’aggravante della violenza assistita dei minori. Alla fine, la decisione del Collegio presieduto da Andrea Crema è stata una pena minore, tre anni e un mese, rimandando la quantificazione del danno a un futuro processo civile, ma imponendo il pagamento di mille euro per ciascuno dei figli e due mila euro per la madre in modo equo.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni: solo allora si potrà conoscere la decisione della difesa di impugnare in appello la sentenza.