Le parole di Alessia Pifferi, intercettate lo scorso 18 dicembre mentre parlava in carcere con due psicologhe di San Vittore, hanno scosso l’opinione pubblica. Le due professioniste sono state indagate per falso e favoreggiamento, in quanto si sono informate sul procedimento della perizia psichiatrica che si stava svolgendo su di lei, disposta dalla Corte d’Assise di Milano nel processo in cui è imputata per l’omicidio della figlia Diana.
Secondo l’accusa, le psicologhe avrebbero falsificato gli esiti di un test psicodiagnostico per far emergere un grave deficit cognitivo di Alessia e aiutarla ad ottenere la perizia nel processo. Tuttavia, il loro ruolo avrebbe dovuto limitarsi a fornire un supporto psicologico e non a essere consulenti difensive.
Durante il colloquio in carcere, Alessia si è mostrata lucida e capace di progettare dichiarazioni processuali contro il pm. Ha anche affermato di volersi consultare con la sua avvocatessa prima di prendere decisioni affrettate.
Le parole di Alessia e le azioni delle psicologhe hanno sollevato molti dubbi sulla loro professionalità e sulla correttezza del processo. È inaccettabile che delle figure che dovrebbero fornire sostegno psicologico possano manipolare le prove a proprio vantaggio.
È importante che la giustizia venga fatta e che vengano prese tutte le misure necessarie per garantire un processo equo. Non possiamo permettere che casi come questo mettano in discussione l’integrità del sistema giudiziario. Bisogna assicurarsi che tutti i responsabili vengano puniti e che situazioni simili non si ripetano in futuro.
L’omicidio di Diana è una tragedia che ha scosso profondamente l’opinione pubblica. È importante che la verità emerga e che sia fatta giustizia per la piccola vittima.