VOGHERA – Sabato 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, insegnanti e studenti della sezione classica “Grattoni” del Liceo “Galilei” hanno organizzato una significativa presenza di fronte al cancello della scuola.
La “Pietra d’inciampo” è stata ripulita, una delle 50 presenti in provincia di Pavia, apposta nel 2019 in memoria di Jacopo Dentici, giovane partigiano arrestato dai fascisti a Milano e poi passato ai nazisti. Dopo essere stato detenuto a San Vittore, Dentici è stato deportato a Mauthausen, dove ha perso la vita nel sottocampo di Gusen, all’età di diciotto anni.
Durante l’iniziativa, gli studenti hanno letto brani sulla figura di Dentici.
“Gesto importante e assolutamente non retorico, che dovrebbe diventare un appuntamento costante di riflessione e informazione per la scuola e per la città”, spiegano gli organizzatori.
Sempre sabato, ANPI e RAP-FIVL hanno riproposto il presidio davanti alla targa di via Emilia che ricorda due atti siglati da Carlo Alberto nella nostra città il 29 marzo 1848: la dichiarazione di guerra all’Austria, con l’avvio della prima guerra d’indipendenza, e il riconoscimento dei diritti civili agli israeliti.
È stato reso omaggio a tutte le vittime della deportazione nazifascista: cittadini ebrei, oppositori antifascisti, circa 700.000 soldati catturati dopo l’8 settembre ’43 in Italia o all’estero. Ed anche ad altre figure che la legge non richiama ma che vennero colpite dalla repressione: Rom, Sinti e Caminanti, omosessuali, Testimoni di Geova, disabili e malati psichici.
L’iniziativa di sabato si è articolata attraverso letture con l’accompagnamento musicale di Alessio Zanovello, che hanno affrontato diversi aspetti della deportazione: a partire da un passo di “Se questo è un uomo” di Primo Levi, una memoria di Lidia Beccaria Rolfi, una nota informativa sulla Porrajmos di Rom e Sinti con una poesia di Santino Spinelli ed infine una testimonianza sulla prigionia degli Internati Militari Italiani tratta dal libro di Alessandro Natta “L’altra Resistenza”.
“Almeno 8.000 sono ebrei, prima esclusi e discriminati dalle leggi razziste del 1938 e poi indicati nel 1943 dalla RSI come ‘stranieri ed appartenenti a nazionalità nemica’, che attiva il ruolo dei ‘ragazzi di Salò’ al fianco dei nazisti negli arresti e nel sequestro dei beni, nella persecuzione, deportazione e morte. Quasi 7.000 non faranno ritorno”, spiegano gli organizzatori.
“La parte più consistente della deportazione italiana, circa 24.000 tra uomini e donne, è rappresentata da quella politica: sono partigiani, patrioti, oppositori antifascisti, operai delle fabbriche del Centro Nord che hanno scioperato e sabotato la produzione bellica, destinati nei Lager oltre i confini nazionali o rinchiusi nei campi delle SS in Italia a Bolzano e soprattutto alla Risiera di San Sabba a Trieste. Un aspetto spesso rimosso o sottovalutato. Da tempo non ci sono ricerche universitarie su Mauthausen, su Ravensbruck dove vengono concentrate soprattutto le donne, niente su Dachau, Flossenburg, Buchenwald”, affermano ANPI e Rap Fivl.
“Non possiamo dimenticare quello che indicava chiaramente Primo Levi, nella sua introduzione Al Visitatore di Birkenau nel Memoriale degli italiani. ‘La storia della deportazione e dei campi di sterminio, la storia di questo luogo non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa; dai primi incendi delle Camere del Lavoro nell’Italia del 1921, ai roghi dei libri sulle piazze della Germania del 1933, alla fiamma nefanda dei crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto (…) E’ triste ma doveroso rammentarlo, agli altri ed a noi stessi: il primo esperimento europeo di soffocazione del movimento operaio e di sabotaggio della democrazia è nato in Italia. E’ il fascismo, scatenato dalla crisi del primo dopoguerra, dal mito della ‘vittoria mutilata’, ed alimentato da antiche miserie e colpe; e dal fascismo nasce un delirio che si estenderà, il culto dell’uomo provvidenziale, l’entusiasmo organizzato ed imposto, ogni decisione affidata all’arbitrio di un solo…'”, conclude l’articolo.

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