Il caso di Ilaria Salis, insegnante e attivista antifascista monzese, detenuta in Ungheria, ha suscitato grande indignazione in tutto il mondo. Le immagini del suo processo, in cui appare incatenata e con un’espressione stravolta, hanno fatto il giro del mondo. Attualmente, Salis è in carcere a Budapest da quasi un anno e viene accusata di lesioni aggravate nei confronti di due presunti neonazisti durante una manifestazione per il “Giorno dell’onore”. Nonostante si sia dichiarata innocente e non sia stata denunciata dalle persone aggredite, Salis è stata sottoposta a un trattamento degradante, con manette ai polsi e lucchetti ai piedi.

Il capogruppo di Brianza Rete Comune, Vincenzo Di Paolo, ha espresso il suo forte dissenso e indignazione riguardo alle immagini dell’arrivo di Salis in tribunale incatenata e tenuta al guinzaglio. Ha definito tali immagini “indecifrabili e inaccettabili” e ha denunciato il degrado dello Stato di diritto in un Paese dell’Unione europea. Inoltre, ha sottolineato il mancato rispetto del diritto fondamentale di difesa di Salis, poiché le sarebbe stato impedito l’accesso a documenti di indagine essenziali.

Secondo Di Paolo, quanto sta accadendo a Salis e agli altri attivisti coinvolti negli arresti in Ungheria dovrebbe interessare tutti noi. Questa situazione mette in gioco la qualità della democrazia nel nostro continente e la tutela dei diritti umani. Un anno di reclusione senza processo, in condizioni estreme e con privazione dei diritti umani elementari, in presenza di una sproporzione evidente tra i fatti contestati e le pene previste, costituiscono un segnale di allarme sui rischi che l’Europa sta correndo.

Il gruppo di Brianza Rete Comune sottolinea che la vicenda di Salis richiama quella di molte altre persone che, anche in Italia, vedono compressi e non garantiti i propri diritti. Nonostante non si sia ancora arrivati al punto di essere incatenati e tenuti al guinzaglio, la condizione di molte persone nelle carceri sovraffollate è drammatica e inquietante. Pertanto, Di Paolo propone l’istituzione del Garante provinciale dei diritti delle persone detenute come un impegno concreto che l’istituzione locale può portare avanti.

Nel frattempo, è stata lanciata una petizione online dal Comitato “Ilaria Salis libera” per chiedere il suo ritorno in Italia. La petizione ha già raccolto oltre 87.000 firme. Salis rischia una pena complessiva di ventiquattro anni di carcere, otto per lesioni personali e altri otto per appartenenza a un’organizzazione antifascista internazionale, considerando che per ciascun reato si deve aggiungere il cinquanta per cento della pena prevista.

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