Il Carnevale di Bagolino è una festa che unisce sacralità e tradizioni pagane. Questo carnevale, che si svolge nel piccolo borgo ai confini della Valsabbia e della provincia di Brescia, è una celebrazione secolare che continua a essere celebrata nonostante guerre, pestilenze e pandemie.

I giorni culminanti di festa del carnevale più caratteristico e pittoresco del Bresciano saranno oggi e domani.

La messa delle 6.30 nella chiesa di San Giorgio è dedicata ai “sunadúr e balarì”, che tolgono la maschera e appoggiano il cappello intarsiato di ori ai piedi degli altari laterali, invocando la Madonna di San Luca. L’omega è l’Ariosa, l’ultima grande danza che conclude il carnevale e apre la quaresima. Questi due riti si ripetono da sempre, tra balli, canti e gioie.

Ciò che contraddistingue immediatamente il “balarì” di Bagolino è il suo abbigliamento: il cappello, la maschera e il vestito. Marzio balla ininterrottamente dal 1989, quando aveva 20 anni, e dal 1992 lo fa con lo stesso compagno. Prima faceva il “maschèr”, ma poi si è “convertito” alla “religione” bagossa.

Marzio ci accoglie alle 5.45 nella sua casa, insieme alla moglie Marisa. È lei che ogni anno fissa gli ori sul cappello in panno ricoperto di spighetta rossa. Gli ori sono tradizionalmente prestati dalle famiglie e dagli amici. Marzio spiega che ha una sorella e anche suo cognato è un balarì: ogni anno scambiano le spille delle loro nonne. Marzio indossa calze fatte a mano, più elaborate rispetto a quelle del nonno, che erano simili a delle ghette.

Poi, aiutato dalla moglie, indossa la giacca, la stola e il foulard. Marzio spiega che hanno diversi colori per il foulard, ma oggi indossa quello giallo, scelto da sua figlia. In passato, invece, avevano un solo foulard. Questi vestiti sono prodotti in Francia e sono di grande valore. Marzio sottolinea che, ai tempi, tutto ciò che possedevano, che era poco, veniva investito nell’abbigliamento.

Il suono della trombetta annuncia l’arrivo del capo, Massimo Scalvini, detto “Gàt”, gatto, che guida un gruppo di 52 balarì. Il gruppo si è ampliato nell’ultimo anno grazie all’ingresso di nuovi giovani. Dopo gli ultimi ritocchi all’abito, un bacio a Marisa e via: si va per le strade strette, i vicoli e le scale per raggiungere il compagno e poi si prosegue verso San Giorgio. Questa è l’ultima processione ordinata del Carnevale prima che le danze colorino il paese.

Il primo ballo in onore di don Paolo Morbio è stato “Bass de Tac”, accompagnato dalle campane a festa. Un classico, come il caldo brodo di gallo offerto in canonica.

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