L’odore persistente di benzina che si avverte nell’auto e nel bagno dell’appartamento di Alessandro Impagnatiello ha allarmato i carabinieri di Senago, che hanno raccolto la denuncia di scomparsa presentata dall’ex barman per la sua allora compagna Giulia Tramontano.

Questo è uno dei dettagli che emergono dalle testimonianze del processo in corso a Milano, in cui il giovane è accusato, tra le altre cose, di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. È la sera del 28 maggio 2023, intorno alle 19, quando Impagnatiello si presenta in caserma, accompagnato dalla madre. “Era agitato, sembrava molto preoccupato. Inizialmente pensavamo che si trattasse di una denuncia per allontanamento volontario. Lui ci racconta che la mattina, mentre è al lavoro, invia dei messaggi alla compagna ma lei non risponde”. Un silenzio che non lo preoccupa, poiché arriva dopo la scoperta da parte di Giulia, che è al settimo mese di gravidanza, che l’uomo con cui convive ha un’altra relazione parallela. In caserma lui “denuncia la mancanza del passaporto della ragazza, del bancomat e di circa 400-500 euro”. Non fa menzione del telefono, mai trovato, a differenza dei documenti recuperati in un tombino non lontano dall’abitazione.

“Andiamo a casa con la sua auto (le nostre erano impegnate), io sento un forte odore di benzina che proveniva dal bagagliaio e lui si giustifica dicendo che ha una bottiglia di benzina” in caso di emergenza, racconta il testimone. “Ma c’è forte odore di benzina anche nel bagno dell’abitazione, dove la lavatrice aveva appena finito il ciclo di lavaggio, così come nel suo zaino in cuoio in cui abbiamo trovato un paio di guanti di lattice” presenti “perché la lavastoviglie era rotta” e due bustine di veleno “per uccidere i topi presenti nella piazzetta non distante dal lavoro” in pieno centro a Milano. “L’appartamento era in ordine – aggiunge il carabiniere, testimone dell’accusa -, le sedie della cucina erano sopra il tavolo come se qualcuno avesse pulito”.

Impagnatiello descrive la discussione tra lui e Giulia, che ha raggiunto il culmine con il suo omicidio a coltellate, come “pacata, con toni moderati”. Dopo il “confronto”, avrebbe fatto la doccia, cenato e poi sarebbe uscito per andare da un pusher, fornendo un indirizzo inesistente in viale Certosa. Successivamente sarebbe tornato tardi e alle 7 del mattino sarebbe uscito per andare al lavoro mentre Giulia dormiva. Una menzogna secondo l’accusa pubblica: Giulia è morta la sera di sabato 27 maggio scorso, intorno alle 22. Solo quando l’ex barman si sente braccato – che non ha mai ammesso di avere una cantina, dove inizialmente è stato nascosto il corpo della giovane vittima – indica ai militari dove ha posizionato il corpo di Giulia, uccisa con coltellate e poi bruciata. “Era dietro una serie di box, tra sterpaglie e rifiuti, il suo corpo era avvolto in sacchi di plastica, abbiamo pensato che fosse un tatuaggio”, conclude il testimone.

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