La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha recentemente accolto in parte il ricorso presentato dagli avvocati Stefano Marcolini, Fabio Matera e Fabio Ambrosetti riguardo alla morte di Giuseppe Uva, un artigiano varesino di 43 anni. Il decesso di Uva, avvenuto nel 2008, ha generato una lunga vicenda giudiziaria che ha coinvolto due carabinieri e sei poliziotti, inizialmente imputati e successivamente assolti in tutti e tre i gradi di giudizio.

Il ricorso presentato dai legali di Lucia Uva, sorella di Giuseppe, si basava su quattro punti fondamentali: l’accusa di maltrattamenti inumani e degradanti ai danni del 43enne, la mancanza di un’adeguata indagine da parte dello Stato italiano, l’introduzione del reato di tortura solo nel 2017 e la violazione delle regole della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo durante il processo di secondo grado.

La Corte Europea ha accolto due delle motivazioni presentate, in particolare la violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo. Lo Stato italiano dovrà quindi fornire spiegazioni dettagliate sull’arresto, il prelievo e il trattamento riservato a Giuseppe Uva, oltre a svolgere un’indagine seria e tempestiva sull’accaduto.

Entro il 28 giugno le parti coinvolte dovranno trovare un accordo risarcitorio, altrimenti la Corte Europea continuerà l’istruttoria per verificare le contestazioni mosse. Lucia Uva ha dichiarato che la sua battaglia è volta alla ricerca della verità sulla morte di suo fratello e non al risarcimento economico, auspicando che lo Stato italiano risponda finalmente alle domande in merito a questo tragico evento.

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