Una lite banale per il telecomando è diventata una tragedia nel carcere di Opera a Milano. Domenico Mimmo Massari ha ucciso il compagno di cella Antonio Magrini dopo un alterco per il cambio di canale della tv. Magrini, detto Toni Cavallero, era già noto alle autorità per il suo coinvolgimento in un traffico internazionale di cocaina con un clan albanese. Nessuna segnalazione era stata fatta per “incompatibilità” tra i due detenuti, ma la situazione è precipitata in un raptus di violenza.

Massari, già noto per aver ucciso l’ex moglie Deborah Ballesio ai Bagni Aquario di Savona nel luglio del 2019, ha colpito Magrini con un manico di scopa alla testa e poi lo ha strangolato con la cintura dell’accappatoio. Il killer savonese aveva sparato alla Ballesio per questioni di soldi, dopo aver investito una grande somma in contanti in un night club gestito insieme a lei ad Altare. Massari aveva già patteggiato una pena per quel fatto, ma la sua ossessione per i soldi lo ha spinto a commettere un altro omicidio.

Il passato criminale di entrambi i detenuti ha portato a una tragica fine, dimostrando ancora una volta che la violenza non porta che a più violenza. La lite per il telecomando è stata solo la scintilla che ha acceso una furia omicida che si è scatenata senza controllo. Sono storie come queste che ci ricordano quanto sia importante prevenire la violenza e risolvere i conflitti in modo pacifico, prima che sia troppo tardi.

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