Le ferite sulle braccia dell’imputato, Osman Bylyku, accusato di omicidio volontario in relazione alla morte di Anila Ruci, potrebbero essere state provocate da altre persone. Questa è la tesi della perizia medico-legale depositata dalla difesa nel processo che si è aperto lunedì mattina davanti alla Corte di Assise di Pavia. Il 31enne di origini albanesi è stato trovato accanto al corpo della vittima, sgozzata nel pomeriggio del 20 aprile dello scorso anno nella sua abitazione di via Piave a Scaldasole.
Il giudizio dovrà chiarire molti interrogativi, a cominciare dal movente dell’omicidio e dalla natura del rapporto tra l’imputato e la vittima. Sebbene fosse conosciuto in paese come fratello della donna, gli accertamenti hanno smentito questa parentela. L’imputato, assistito dal difensore Stefano De Felice, non ha mai parlato se non per poche parole pronunciate ai soccorritori dopo la scoperta del corpo.
La verità su questo tragico evento dovrà emergere durante il processo, che si preannuncia complesso e intricato. La difesa sostiene che le ferite sulle braccia di Bylyku non siano state auto-inflitte, ma provocate da terze persone. Sarà quindi fondamentale per la giustizia far luce su tutti gli aspetti di questa vicenda, per dare giusta risposta alla famiglia della vittima e per garantire che la verità emerga a pieno.