La separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e quelli giudicanti è un argomento centrale della riforma della giustizia proposta dal governo Meloni. Questo cambiamento ha radici storiche che vanno fino agli anni ’60, quando la magistratura era organizzata in modo gerarchico e i capi degli uffici avevano un potere quasi assoluto sulla carriera dei magistrati. Con il tempo, sono state introdotte nuove istituzioni come la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura, che hanno contribuito a creare un sistema di tutela per i magistrati inferiori.

Negli anni successivi, la magistratura ha subito ulteriori cambiamenti, con magistrati che si sono impegnati per difendere i diritti dei cittadini e combattere le ingiustizie sociali. Tuttavia, con l’entrata in vigore della legge Castelli e, successivamente, della Cartabia, la separazione tra giudici e Pm è diventata sempre più marcata, portando ad un’accentuazione del potere del pubblico ministero e al suo avvicinamento alla polizia.

Questa evoluzione solleva dubbi sulle implicazioni di una modifica costituzionale che potrebbe recidere definitivamente i legami tra requirente e giudicante. Alcuni temono che ciò possa portare ad un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani del pubblico ministero, a discapito dei diritti dell’imputato e del principio di uguaglianza.

Inoltre, l’autore sottolinea le differenze tra il sistema giudiziario italiano e quelli di altri paesi, come Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, evidenziando le specificità e le peculiarità di ognuno. Infine, si esprime la necessità di rafforzare i poteri della difesa e introdurre maggiori controlli sull’operato del pubblico ministero, anziché stravolgere principi costituzionali che potrebbero portare a conseguenze imprevedibili.

In conclusione, l’autore invita alla riflessione e consiglia la lettura di due testi di narrativa per approfondire il tema della giustizia e della magistratura.

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