Il caso dell’omicidio di Umberto Mormile, educatore al carcere di Opera, avvenuto nel lontano 1990, torna alla ribalta con nuove rivelazioni a distanza di oltre trent’anni. Il Gup di Milano, Marta Pollicino, nelle motivazioni della sentenza emessa il 15 marzo scorso, ha aperto a una nuova prospettiva che coinvolge non solo la ‘ndrangheta ma anche un più ampio intreccio di poteri legati ai servizi segreti e alla criminalità organizzata.

Secondo quanto emerso, Mormile potrebbe essere stato vittima del suo sapere e del suo parlare troppo, risultando così un ostacolo per certi interessi. La sentenza che ha portato a due nuove condanne di sette anni per i collaboratori di giustizia Salvatore Pace e Vittorio Foschini si basa su una riapertura delle indagini voluta dai familiari della vittima, i quali hanno sempre sostenuto una versione alternativa degli eventi.

Secondo questa nuova tesi, Mormile sarebbe stato eliminato perché era a conoscenza dei loschi rapporti tra il boss della ‘ndrangheta Domenico Papalia e i servizi segreti. Un caso che si tinge quindi di nuove sfumature, rivelando una realtà ben più complessa di quanto si potesse immaginare all’epoca dei fatti.

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