Liliana Barone, 45 anni, è stata al centro di un appello cautelare davanti al tribunale del Riesame per l’omicidio del suo zio acquisito, Carlo Giovanni Gatti, 89 anni. L’anziano è stato trovato morto nella dimora in cui viveva con l’indagata, a Colli Verdi, il 4 febbraio. Da allora, Barone è stata rinchiusa in carcere.

A luglio, la richiesta di scarcerazione presentata dalla difesa di Barone è stata rigettata dal Gip del tribunale di Pavia. La difesa ha quindi impugnato l’ordinanza, chiedendo al Riesame di valutare la possibilità di mettere in libertà la quarantacinquenne o di concederle gli arresti domiciliari. Mercoledì, il tribunale si è riservato sulla decisione.

Il referto dell’autopsia sul corpo di Gatti, depositato a fine giugno, ha individuato come causa della morte uno choc emorragico provocato da una ferita alla testa, aggravata dalle sue condizioni di salute. L’anziano era in cura per diverse patologie.

A fine agosto, la pm Valentina Terrile ha interrogato Barone, che ha scelto di non rispondere. Tuttavia, ha fornito la sua versione dei fatti in precedenza. Barone ha raccontato di aver trovato il corpo di Gatti nella sua camera da letto al piano terra, dopo aver dormito al piano superiore e non averlo visto al mattino.

Barone è l’ex moglie del nipote di Gatti e i due vivevano insieme da tempo. L’indagata è stata descritta come molto provata dalla situazione. Ora spetta al tribunale del Riesame decidere sulla sua eventuale scarcerazione o concessione degli arresti domiciliari.

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