L’Avvocatura dello Stato ha deciso di impugnare la decisione della Cassazione riguardante il risarcimento a Stefano Binda, un uomo che è stato ingiustamente detenuto per tre anni, sei mesi e quaranta giorni. Questa decisione ha bloccato il risarcimento che gli era stato precedentemente riconosciuto.

La vicenda giudiziaria di Stefano Binda è iniziata nel 2016, quando è stato arrestato con l’accusa di aver assassinato Lidia Macchi, sua ex compagna di liceo trent’anni prima. Nonostante sia stato assolto definitivamente, è rimasto in carcere per un lungo periodo. Dopo la sua piena assoluzione, Binda ha chiesto un risarcimento per l’ingiusta detenzione subita e ha ottenuto un primo riconoscimento dalla Corte d’Appello di Milano.

Tuttavia, la Procura generale di Milano ha impugnato la decisione della Cassazione, sostenendo che Binda avesse una “colpa lieve” nella sua condotta processuale. Nonostante Binda si sia dichiarato innocente fin dall’inizio e abbia fornito un alibi che è stato confermato in dibattimento, la Procura generale ha continuato a contestare il suo diritto al risarcimento.

Gli avvocati difensori di Binda hanno annunciato che presenteranno un ricorso contro questa decisione, contestando il punto relativo alla presunta “lieve colpa” del loro cliente. Al momento, non si sa se la Procura generale di Milano intenda impugnare ulteriormente la decisione della Cassazione. La vicenda, che sembrava essere finalmente conclusa con la recente sentenza, continua quindi ad essere oggetto di battaglia legale.

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