Varese, 16 ottobre 2024 – “Sapevo che l’epilogo sarebbe stato questo, che sarebbe stata la morte di qualcuno. Credevo che sarebbe stata la mia. Quel giorno ho pensato: ‘È la mia ora. Mi rassegno. Lo faccio per mio figlio’. Mio padre mi ha salvata”. Queste sono le parole di Lavinia Limido, che porta ancora i segni delle coltellate inflitte dall’ex marito il terribile pomeriggio dello scorso 6 maggio a Varese.

Marco Manfrinati, ex marito ed ex avvocato quarantenne, ha ferito gravemente Lavinia con venti coltellate, uccidendo purtroppo il padre della donna, Fabio Limido, intervenuto in difesa della figlia. Oggi si tiene la seconda udienza in tribunale a Varese, a carico di Manfrinati per gli atti persecutori ai danni di Lavinia e dei suoi genitori.

Durante l’udienza, Lavinia racconta al pm e ai suoi legali due anni di paura e terrore, di violenze fisiche e verbali, minacce e insulti subiti da parte dell’ex marito. La felicità iniziale del matrimonio si è trasformata in un incubo, con persecuzioni quasi quotidiane che hanno costretto la donna a vivere nascosta e in continuo allarme.

Le prove presentate in aula sono schiaccianti: una cartolina inviata da Manfrinati alla madre di Lavinia, con un messaggio che lascia trasparire la sua pericolosità e la sua ossessione per la ex moglie. Anche i file audio delle conversazioni tra i coniugi, in cui l’uomo minaccia di violenza e di morte, sono stati ascoltati durante l’udienza.

Lavinia, coraggiosa e determinata, ha deciso di denunciare il calvario vissuto per anni, nella speranza di ottenere giustizia e protezione per sé e per il suo bambino. La sua testimonianza è un monito contro la violenza domestica e lo stalking, fenomeni purtroppo ancora troppo diffusi nella nostra società.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui