Il raid contro la Brigata Ebraica a Milano ha scosso la città lo scorso 25 aprile, durante la Festa della liberazione. Mentre si susseguivano gli interventi sul palco, alcuni ragazzi hanno attaccato verbalmente e fisicamente i membri della Brigata Ebraica con insulti antisemiti. Grazie all’intervento della Digos, è stato identificato un ventenne di origini nordafricane, denunciato per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa.
L’ordinanza del Tar ha svelato che la Questura ha imposto al giovane due divieti di accesso ai locali pubblici e un Daspo sportivo di 5 anni. Questa misura, definita “fuori contesto”, si basa su leggi che puniscono i reati di odio, anche se non sono stati commessi in contesti sportivi. La difesa del ventenne ha ottenuto la sospensione della misura, sottolineando che l’episodio è stato isolato e che il giovane vive e lavora a Milano.
L’avvocata del ragazzo ha contestato la durata e l’estensione del Daspo, sottolineando che limita gravemente la sua libertà di movimento nella città. Il Tar ha accolto le argomentazioni della difesa, sostenendo che la misura era sproporzionata rispetto alla presunta pericolosità del giovane. Inoltre, è stato evidenziato come il divieto di frequentare i locali pubblici vicino allo stadio San Siro avesse un impatto negativo sulla sua vita lavorativa.
In conclusione, il caso del ventenne nordafricano ha sollevato importanti questioni riguardo alle misure di prevenzione adottate dalle autorità e alla tutela dei diritti individuali. La decisione del Tar ha messo in evidenza l’importanza di valutare attentamente la proporzionalità delle sanzioni e di garantire il rispetto dei diritti fondamentali di ogni individuo, anche in situazioni di tensione come quella verificatasi durante la Festa della liberazione a Milano.