Il Tribunale dei ministri di Brescia ha archiviato la posizione dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Sanità Roberto Speranza nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della prima fase della pandemia nel 2020. La richiesta di archiviazione è stata accolta perché, secondo il Tribunale, la notizia di reato per entrambi gli indagati è totalmente infondata. I giudici hanno sposato la linea della Procura di Brescia che aveva sollevato una serie di ragioni e di fatto che hanno smontato l’ipotesi accusatoria dei colleghi di Bergamo.
In particolare, il Tribunale dei ministri ha scagionato Speranza dalle contestazioni mosse nei suoi confronti, sottolineando che le omissioni e i ritardi riguardano attività amministrative, distinte dalle funzioni ministeriali di indirizzo politico amministrativo, di esclusiva pertinenza del Segretario generale del Ministero della Salute e delle Direzioni generali. Al Ministro della Salute era preclusa qualsiasi ingerenza nello svolgimento di tali attività. Non è stata ipotizzata, e non è comunque ravvisabile negli atti di indagine compiuti, alcuna interferenza del ministro nell’attività degli organi burocratici ai quali spettava la funzione di amministrazione attiva.
Anche l’ex premier Conte è stato scagionato dalle accuse mosse nei suoi confronti. In particolare, la Procura di Bergamo gli contestava la mancata istituzione della zona rossa nella Bergamasca. Sul punto il Tribunale dei ministri che ha archiviato le accuse scrive che l’allora presidente del Consiglio Conte avrebbe dovuto decidere circa l’istituzione della zona rossa il 2 marzo 2020, non appena avuta informazione della situazione dei due comuni. Tuttavia, si tratta di un’ipotesi irragionevole perché non tiene conto della necessità per il Presidente del Consiglio di valutare e contemperare i diritti costituzionali coinvolti e incisi dall’istituzione della zona rossa.
In conclusione, il Tribunale dei ministri ha scagionato Conte e Speranza dalle accuse mosse nei loro confronti, sottolineando che il piano pandemico del 2006 non era per nulla adeguato ad affrontare la pandemia da Sars-CoV-2 e che la responsabilità per omesso impedimento di un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia. Inoltre, anche ove fosse astrattamente prospettabile, cosa che non è, il reato di epidemia colposa per condotta omissiva impropria, data la natura stessa della pandemia da Sars-CoV-2, che ha coinvolto l’intera umanità, sarebbe comunque irrealistico ipotizzare che la stessa sia stata cagionata, anche solo a livello nazionale, da asserite condotte omissive quali quelle contestate ai due indagati.