Il Tribunale del Riesame di Milano ha accolto l’appello della Procura di Milano che chiede la custodia cautelare in carcere per 79 dei 153 indagati nell’inchiesta sull’ipotetico sistema mafioso lombardo emerso dall’inchiesta Hydra dell’ottobre 2023.

Dopo tre anni di indagini, il pm della direzione distrettuale antimafia Alessandra Cerreti, insieme ai carabinieri del Nucleo investigativo guidato dal colonnello Antonio Coppola, ha ricostruito la struttura di un consorzio composto da famiglie legate alle tre principali mafie italiane: Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra.

Secondo i giudici milanesi, l’obiettivo dell’inchiesta non era dimostrare l’esistenza di una supermafia, come era stato ipotizzato dal Gip Tommaso Perna, che aveva respinto 142 richieste su 153, ma piuttosto individuare un’associazione temporanea d’impresa con obiettivi comuni e una cassa comune.

Il Tribunale ha confermato l’accusa di associazione mafiosa per 13 dei 56 soggetti coinvolti, tra cui Giuseppe Fidanzati per Cosa Nostra, Massimo Rosi di Legnano per la ‘ndrangheta e Gioacchino Amico per la camorra romana.

Secondo la Procura, i rappresentanti delle diverse organizzazioni mafiose agivano insieme prendendo decisioni di comune accordo durante i vari summit, spesso tenuti nei paesi al confine tra Varese e Milano come Busto Garolfo, Dairago e Vanzaghello.

L’organizzazione operava tra Milano e Varese utilizzando la forza dell’intimidazione legata al vincolo associativo per commettere reati come estorsioni, traffico di droga e armi, e reati fiscali. Era previsto anche il versamento di denaro nella cassa comune per sostenere i detenuti di ciascuna fazione.

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