Il furto di documenti antichi dall’archivio della chiesa di Sant’Agata a Cremona, avvenuto nel febbraio del 2015, ha portato alla luce un traffico illecito di manufatti storici di inestimabile valore. Grazie all’intervento dei carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale di Monza, è stato possibile recuperare circa la metà dei 500 documenti trafugati, per un valore complessivo di due milioni di euro.
Sette sono stati gli indagati, in maggioranza antiquari e appassionati di storia residenti nelle province di Cremona, Bergamo e Mantova. Tre di loro, padre e due figli, sono stati condannati definitivamente per ricettazione dalla Corte di Cassazione. Si tratta di Franco, 75 anni, di Carpenedolo, e dei figli Luca e Bruno, rispettivamente di 48 e 41 anni, già condannati nel 2021 dalla Corte di Appello di Brescia per la ricettazione di quattordici pergamene antiche provenienti dal furto nella chiesa cremonese.
Le indagini condotte all’epoca del furto hanno permesso di recuperare 277 documenti antichi, passati dalle mani di un antiquario cremonese. Alcuni di essi sono stati trovati direttamente in suo possesso, mentre altri sono stati recuperati in abitazioni private di varie province, tra cui Milano e Mantova, e in mercatini, come quelli di Castelleone e Gonzaga. Tra i documenti ritrovati, c’è la più antica delle pergamene, datata 23 ottobre 1039 (una bolla papale), così come altre risalenti ai secoli successivi.
Il recupero di questi documenti ha permesso di preservare un patrimonio culturale di inestimabile valore storico e artistico. Grazie all’impegno delle forze dell’ordine, è stato possibile porre fine a un traffico illecito che avrebbe potuto compromettere l’identità culturale del nostro paese.