Oggi, in una giornata particolarmente significativa come quella dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne, si è concluso il processo per l’orribile omicidio di Giulia Tramontano. Alessandro Impagnatiello, 31 anni, è stato condannato all’ergastolo e a tre mesi di isolamento diurno per aver ucciso la sua compagna, al settimo mese di gravidanza.
Il delitto ha scosso profondamente il paese. Giulia, 29 anni, è stata brutalmente assassinata con 37 coltellate nel loro appartamento a Senago, alle porte della Brianza. Durante il processo è emerso che il movente dell’omicidio risiedeva nelle bugie e nei tradimenti di Impagnatiello, che non è riuscito a reggere il peso di una doppia vita sentimentale.
Dopo aver ucciso Giulia, il barman ha cercato di occultare il corpo della vittima, nascondendolo in un’intercapedine vicino al loro box auto e simulando una denuncia di scomparsa. Una strategia cinica che però è crollata di fronte alle prove raccolte dagli inquirenti.
Giulia aveva solo 29 anni e era incinta di sette mesi. Non si è trattato di un gesto impulsivo. Dopo averla uccisa, l’assassino ha tentato di disfarsi del corpo, provando invano a bruciarlo. Per giorni ha nascosto la verità, arrivando persino a denunciare la sua scomparsa, mentre la famiglia della vittima viveva nell’angoscia. Solo quattro giorni dopo il corpo di Giulia è stato ritrovato nell’intercapedine vicino al box auto.
Durante il processo, la famiglia di Giulia ha seguito le udienze con dignità e dolore. Il padre Franco, la madre Loredana, la sorella Chiara e il fratello Mario hanno ascoltato ogni parola, ogni ricostruzione, con un peso insopportabile. “Per lui non ci sarà mai perdono”, ha dichiarato Chiara, esprimendo la rabbia e l’impotenza di chi ha perso una persona cara in modo così atroce.