Barbara D’Astolto, l’ex hostess coinvolta in un caso di presunta violenza sessuale, si è vista negare il riconoscimento di vittima in due diversi tribunali, a Milano e a Busto Arsizio, a causa del fatto che, secondo i giudici, aveva avuto il tempo di dileguarsi. Tuttavia, il Procuratore generale ha deciso di ricorrere contro l’assoluzione del sindacalista accusato di abusi sessuali nei confronti della donna, sottolineando che anche 20 secondi possono essere sufficienti per considerare un atto come violenza.
Il magistrato ha chiesto l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Milano, che aveva sollevato molte polemiche per aver considerato irrilevante il dissenso della vittima. In questo modo, il caso si riapre e si spera di fare luce sulla questione.
Il sostituto pg di Milano, Angelo Renna, nel ricorso presentato in Cassazione, ha ribadito che non si può far dipendere la sussistenza della violenza sessuale dal tempo di reazione della vittima, né stabilire che un atto sessuale protrattosi per un breve periodo di tempo possa esulare dalla contestazione di abusi.
Barbara D’Astolto ha commentato la sentenza dicendo di sentirsi vittima due volte, trattata da mitomane e rimasta senza lavoro. Il sindacalista Raffaele Meola è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale, ma il Procuratore generale insiste sul fatto che la volontà del soggetto è tutt’altro che irrilevante e che la presenza di un dissenso da parte della vittima deve essere valutata attentamente.
I giudici di secondo grado che hanno confermato l’assoluzione sbagliano nell’applicare la norma sulla violenza sessuale, considerando solo il tempo di reazione della vittima. Questo contrasta con la recente giurisprudenza sul consenso, che sottolinea l’importanza di avere la ragionevole certezza di un consenso pieno, iniziale e permanente. Speriamo che la giustizia possa fare chiarezza su questo caso delicato e controverso.

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