Lomazzo (Como), 1 luglio 2023 – Ogni giorno Gabriella osserva intorno a sé le rovine della sua famiglia. Gabriella è la sorella di Massimo e la figlia di Luciano Guerra. Dieci anni fa, il 30 giugno, Massimo muore a 46 anni sul divano della sua casa di Lomazzo. Secondo le accuse e le sentenze, è stato sfinito dai farmaci che gli sono stati somministrati dalla moglie, l’infermiera Laura Taroni, in accordo con il suo amante, il medico Leonardo Cazzaniga, convincendolo di essere malato di diabete. Poco dopo, il padre di Massimo, Luciano, si spegne nel reparto di Medicina dell’ospedale di Saronno. Laura Taroni è stata condannata a trent’anni di reclusione per l’omicidio del marito e della madre, ma è stata assolta per la morte del suocero. Cazzaniga, invece, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio dei due Guerra e per le morti di otto pazienti in corsia. Gabriella Guerra racconta la sua odissea, affiancata dal marito e dall’avvocato Luisa Scarrone.

Signora Guerra, dieci anni dopo.
“La morte di mio fratello è stata un taglio netto. La fattoria di Lomazzo era il sogno di mio padre, che lavorava come operaio di notte e nella nostra azienda di giorno, insieme a mio zio Nazareno. Mio fratello, a 14 anni, si era iscritto a una scuola agraria, tornava a casa nei fine settimana e si metteva subito a lavorare. Tutti noi lavoravamo duramente. La fattoria era la nostra vita. Siamo arrivati ad avere 180 capi di bestiame. Massimo aveva capito che il futuro era diverso, era nella distribuzione self service del latte e nei mercatini agricoli per la vendita dei nostri prodotti”.

Fino al 2013.
“Con la morte di mio fratello, il nostro mondo è crollato. Mi sono trovata a dovermi occupare di aspetti dell’allevamento che non conoscevo, perché era soprattutto Massimo a gestirli. Abbiamo dovuto vendere le bestie, non avevamo scelta. L’alternativa sarebbe stata vederle morire. Mio padre è morto il 20 ottobre, di domenica. Il giorno dopo sono venuti a portare via gli ultimi capi. Ho trovato molte persone che mi hanno aiutato, ma c’erano anche coloro che hanno approfittato della situazione. Avevamo molti terreni in affitto, ma non è stato possibile rinnovare i contratti. Questo ha deprezzato il valore dell’azienda. Avevamo due distributori di latte e vendevamo ai mercatini. Siamo stati costretti ad abbandonare tutto. Ho fatto diversi lavori. Mi sono occupata di arredamento, e lo faccio ancora. Ho lavorato per un anno come bidella in una scuola. Ora do una mano ai mercatini della Coldiretti”.

Ha ottenuto giustizia?
“Sarebbe stato possibile fermare Cazzaniga molto prima e non è stato fatto. La giustizia ha seguito il suo corso. Non provo gioia. Le sentenze non hanno cambiato nulla nella nostra vita quotidiana, dove tutto è cambiato”.

Laura Taroni, sua cognata, è in carcere da quasi sette anni. Ha ricevuto qualche segno da lei?
“Assolutamente niente. Non ho letto il minimo pentimento nelle sue parole in tribunale. Non capisco come possa non rendersi conto di ciò che ha causato”.

Ci sono i suoi due nipoti, i figli di Massimo e Taroni, affidati a una comunità.
“Io e mia madre pensiamo sempre a loro. Mettiamo al di sopra di tutto il loro equilibrio e la loro serenità. Per loro ci saranno sempre mia madre, mio marito e io”.

La Corte d’Assise d’appello di Milano ha revocato la responsabilità civile dell’Asst Valle Olona per la morte di Luciano Guerra, il padre di Gabriella. “Se saremo costretti”, interviene l’avvocato Scarrone, “a restituire il risarcimento, lo chiederemo in sede civile, che adiremo comunque per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale. Trattandosi di un ente pubblico, che dovrebbe avere a cuore la salute dei cittadini ma anche la prevenzione e il controllo a tutela dei pazienti, mi sarei aspettata maggiore attenzione e rispetto per i parenti delle vittime. Nonostante la condanna di Cazzaniga e Taroni, un medico e un’infermiera dell’ospedale di Saronno, e nonostante il coinvolgimento di altri medici, tutti dipendenti dell’ospedale, l’Asst non ha trovato di meglio che trincerarsi dietro un’eccezione procedurale”.

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