Il processo per l’esplosione di piazzale Libia, avvenuta tre anni fa, cercherà di scoprire la verità tra l’accusa della Procura e la negazione dell’imputato. Secondo l’accusa, l’esplosione è stata causata dall’inquilino che ha staccato il gas perché voleva morire, ma è stato fermato da un uomo che gli ha gettato addosso una coperta. Nonostante le gravi ustioni, il ragazzo ha iniziato a riprendersi, anche se ha perso l’uso delle mani e parte delle gambe. A novembre, Adam Serdiuchenko, un barman di 31 anni di origine ucraina, sarà processato per incendio doloso. Secondo le indagini condotte dai vigili del fuoco e dai consulenti tecnici della procura, non ci sono dubbi sul fatto che il distacco del tubo sia stato un gesto volontario. Tuttavia, non è ancora chiaro cosa sia successo quel giorno nell’appartamento al piano terra di piazzale Libia. Un egiziano, Aly, è stato il primo a soccorrere Adam e ha raccontato di aver avvolto il ragazzo in una coperta bagnata e di aver chiesto aiuto insieme a un’altra persona. Il pm Mauro Clerici ha contestato ad Adam l’accusa di incendio doloso, ma non di strage, considerando che l’esplosione non ha causato morti o altri feriti. Il ragazzo aveva appena interrotto una convivenza burrascosa con il suo compagno, ma ha sempre negato di aver pensato al suicidio. Ha spiegato al suo avvocato che la cucina emanava odore di gas da un po’ di tempo e che quindi non la usava spesso. La consulenza tecnica presentata dalla difesa solleva dubbi sulla dinamica degli eventi e sul fatto che il tubo del gas sia stato trovato staccato di netto mentre la valvola era chiusa. Secondo il consulente tecnico della difesa, il tubo era vecchio e sarebbe stato difficile staccarlo a mani nude, potrebbe essere stato l’effetto di un’esplosione. Sarà comunque il processo a stabilire la verità e Adam avrà l’opportunità di raccontare la sua versione dei fatti davanti al giudice.

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