Gli anni Ottanta sono stati un periodo di tensione e violenza in Europa e nel Medio Oriente. Il terrorismo si è diffuso in molte forme, coinvolgendo gruppi internazionalisti italiani, fazioni sciite ispirate da Khomeini, e gruppi palestinesi. In questo contesto, le forze dell’ordine italiane vengono allertate da un’informazione dell’intelligence sulla possibile presenza di un militante legato a una rete filo-Teheran a Milano. Si tratta di Bechir Khodr, un ventiseienne libanese che è appena arrivato a Linate dopo un viaggio da Beirut a Ginevra. I funzionari della Guardia di Finanza lo bloccano all’aeroporto e procedono alla perquisizione dei suoi bagagli. Vengono trovati esplosivi nascosti in disegni su tela, uova e un gallo di legno. All’interno di una radiolina funzionante si trovano anche 26 detonatori. Khodr prova a giustificarsi dicendo di avere ricevuto i materiali per consegnarli ad un connazionale, ma viene arrestato insieme ad un possibile complice, Mohammed Hamadi, trovato in possesso di bottiglie di vino contenenti una miscela esplosiva. L’inchiesta si allarga e i servizi occidentali credono di aver sventato una campagna di attentati contro obiettivi ebraici orchestrata da un gruppo vicino ad Hezbollah. Khodr viene condannato a 17 anni di carcere, ma ne sconterà solo cinque prima di essere espulso. Questo episodio fa parte di una serie di attacchi terroristici che hanno coinvolto anche altri gruppi e che hanno ispirato i jihadisti nelle loro azioni.

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