L’ammissione di Davide Fontana, il bancario condannato per l’omicidio di Carol Maltesi, all’istituto della giustizia riparativa è una decisione senza precedenti in Italia. Questo istituto, entrato in vigore il 30 giugno scorso, prevede un percorso che cerca di favorire la riparazione tra il colpevole e la vittima o la famiglia della vittima. Nel caso in cui la vittima o la famiglia non desiderino partecipare, viene coinvolta una vittima surrogata, ovvero una persona che ha subito un reato simile. Durante questo percorso, il reo viene sottoposto a un percorso psicologico e svolge attività concrete a favore delle vittime o delle associazioni che le sostengono. Questo percorso può durare diversi anni e ha avuto successo nei Paesi anglosassoni, come il Sud Africa, dove è stato introdotto per sanare la frattura sociale generata dall’Apartheid. In Italia, questa è la prima volta che viene applicato a un reato di omicidio. L’avvocato difensore di Fontana sottolinea che la violenza di genere non può essere combattuta solo aumentando le pene, ma è necessario creare coscienza sociale per ottenere risultati concreti. La reazione dei familiari di Carol Maltesi è stata dura, considerando sbagliato concedere a un assassino reo confesso la possibilità di accedere a un percorso simile. Tuttavia, partire dal presupposto di indignarsi e polemizzare potrebbe essere un approccio sbagliato, è necessario dare una possibilità al condannato di cercare di non commettere più errori.

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