Il caso Mazzotti, ovvero il sequestro e l’omicidio di Cristina Mazzotti, avvenuto il 1° luglio 1975 a Eupilio, si riapre. Infatti, tra pochi giorni gli imputati si presenteranno di nuovo davanti al giudice, il 9 maggio ci sarà il nuovo processo. Si tratta del 68enne novarese Demetrio Latella, del boss Giuseppe Morabito, 78 anni, residente nel Varesotto, e di Giuseppe Calabrò e Antonio Talia, pure loro, secondo gli inquirenti, vicini alla ‘ndrangheta. In concorso con altri 13, già condannati in passato, Latella, Morabito, Calabrò e Talia avrebbero per l’accusa “preso parte attiva e portarono a compimento la fase esecutiva del sequestro”.
A riaprire il caso era stata la procura di Milano, le nuove indagini condotte dalla Mobile sono state coordinate dal pm della Dda Stefano Civardi. Cristina Mazzotti era stata rapita la sera del 1° luglio 1975 fuori dalla sua villa di Eupilio. Al padre erano stati chiesti 5 miliardi di lire di riscatto e dopo un mese l’uomo era riuscito a mettere insieme poco più di 1 miliardo, che aveva pagato ai sequestratori.
Cristina Mazzotti sarebbe stata segregata in una buca a Castelletto Ticino, con poca aria e poca possibilità di muoversi e le sarebbero state date “massicce dosi di tranquillanti ed eccitanti”. Un mix che era stata la causa della sua morte, forse avvenuta tra il 31 luglio e il 1° agosto di quell’anno. Il 1° settembre del ‘75 una telefonata anonima giunta ai carabinieri aveva suggerito di scavare in una discarica di Galliate e lì, tra i rifiuti ammassati, era stato ritrovato il corpo senza vita.
C’è stato, va ricordato, un primo processo a Novara che si è chiuso con 13 condanne (di cui 8 ergastoli) a carico dei cosiddetti fiancheggiatori, ma non degli esecutori materiali. A difendere Latella è l’avvocato Maurizio Antoniazzi, che al settimanale NovaraOggi aveva dichiarato: “Non può essere punito per la morte della Mazzotti, mentre il sequestro è prescritto”. Martedì 9 maggio, salvo imprevisti, Latella e gli altri tre compariranno in udienza preliminare.