Mps registra un aumento del 5,69% a Piazza Affari dopo la decisione della Cassazione di ritenere “inammissibile” il ricorso della procura generale di Milano contro le assoluzioni dei 15 imputati per presunte irregolarità sulle operazioni sui derivati di Alexandria e Santorini, Chianti Classico e Fresh. Queste operazioni furono effettuate da Palazzo Salimbeni tra il 2008 e il 2012 per coprire le perdite dovute all’acquisizione di Antonveneta. L’ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari, e l’ex direttore generale Antonio Vigni, insieme ai manager di Deutsche Bank e Nomura, vedono confermate le loro assoluzioni, così come la Consob vede respinto il suo ricorso. Con la conferma delle assoluzioni cadono anche le richieste di risarcimento.

I legali di Mussari, gli avvocati Tullio Padovani, Fabio Pisillo e Francesco Marenghi, hanno dichiarato che “il processo per le presunte falsità del bilancio Mps e presunte turbative di mercato, che non avrebbe mai dovuto cominciare, si è finalmente concluso, dopo una lunga e angosciosa vicissitudine processuale, là dove meritava di finire: nel nulla. Giustizia è fatta ma Mussari non è più quel che era quando questa vicenda è iniziata, e nessuno gli restituirà nulla”. Mussari stesso ha espresso il suo gradimento per la sentenza, affermando che sono trascorsi 11 anni, 5 mesi e 2 giorni dall’inizio di questa vicenda e che oggi è finalmente finita.

Anche Deutsche Bank ha espresso soddisfazione per il procedimento, dichiarando di aver sempre creduto nell’innocenza delle persone coinvolte e che la sentenza della Cassazione ha posto fine a questo lungo procedimento.

La procuratrice generale della Cassazione, Francesca Loy, ha sottolineato che il ricorso della Procura è stato dichiarato inammissibile perché la contabilizzazione a saldi aperti non ha violato alcun criterio di valutazione utilizzato dagli operatori del mercato. La sentenza della Cassazione potrebbe ora attenuare un ostacolo rilevante nella privatizzazione di Mps, che il Tesoro sta avviando attraverso la cessione del suo 64,23%. Tuttavia, ci sono ancora criticità rispetto al successo di un’aggregazione, con Banco Bpm e Bper come possibili candidati dopo il naufragio delle trattative con Unicredit nel 2021.

Il Tesoro sta considerando l’ipotesi di una dismissione a tappe della quota, con una prima vendita sul mercato che porti al 51% o al 40%, quota che consentirebbe alla politica di mantenere influenza sull’istituto bancario più antico d’Italia.

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