La sicurezza sui mezzi pubblici: il caso dello Z649

Gli autobus di provincia come lo Z649 sono sempre stati considerati abbastanza sicuri. In passato, certe cose succedevano solo in città. Tuttavia, negli ultimi tempi, anche sulla metropolitana e sugli altri mezzi pubblici di Milano, sono stati diffusi annunci che avvertono della presenza di borseggiatori e invitano i passeggeri a fare attenzione ai propri averi. Questi annunci, pur avendo l’intento di sensibilizzare i viaggiatori, stanno spingendo questi personaggi a spostarsi dove nessuno si aspetta di trovarli, ovvero sugli autobus che portano in provincia. Questo ampliamento del loro campo d’azione rende ancora più difficile proteggere le persone.

Ieri sera, poco dopo le 18, ho preso il pullman Z649 che dalla stazione della metropolitana di Molino Dorino porta a Ossona. Il pullman era quasi pieno, ma già a Pregnana Milanese i passeggeri si sono ridotti notevolmente. La serata era buia e piovosa, quindi i 40 minuti di viaggio sembravano ancora più lunghi e noiosi. Ero seduta vicino al corridoio, un gesto di prudenza che ormai compio automaticamente, ma la mia borsa, nonostante avessi la tracolla sulla spalla, era appoggiata distrattamente sul sedile vuoto accanto a me.

Ad un certo punto, tra Pregnana Milanese e Rogorotto, i miei sensi si sono attivati. Con la coda dell’occhio ho notato nel riflesso del finestrino alcune lunghe dita di una mano marroncina e semi scheletrica che stavano aprendo la cerniera della mia borsa. Mi sono girata di scatto e con voce calma e decisa ho chiesto all’uomo seduto dietro di me cosa pensasse di fare. L’uomo, di origine magrebina, si è tirato indietro improvvisamente, ritirando la mano e chiudendo gli occhi, fingendo di dormire. Ho controllato la borsa e fortunatamente tutto era al suo posto. Ma poi mi sono resa conto che sull’autobus Z649 eravamo in 5.

Io, tre uomini dall’aspetto sospetto e una ragazza seduta dietro di me nella fila di destra. Oltre alla mano lunga alle mie spalle, c’era un uomo con il cappuccio della felpa tirato sugli occhi seduto di fronte alle porte e un altro che faceva finta di dormire sul sedile più vicino all’uscita. Ho riconosciuto il loro schema di accerchiamento e ho deciso di uscire da quella situazione senza attirare l’attenzione.

Mi sono alzata e ho cambiato posto, avvicinandomi all’uomo con il cappuccio alzato. Lui non ha mosso un muscolo e non ha alzato gli occhi, un segno di tensione che parlava di brutte intenzioni. Quando la ragazza si è alzata per scendere ad Arluno, ho fatto lo stesso, ma invece di scendere dal pullman sono andata a sedermi vicino all’autista. In quel modo ero fuori dall’accerchiamento. Non conveniva creare problemi, considerando che erano in tre e non valeva la pena di rischiare uno scontro. Prima di scendere a Ossona, ho avvisato l’autista e gli ho indicato l’uomo con le mani lunghe che fingeva di dormire. L’autista lo avrebbe tenuto d’occhio.

Sono tornata a casa con un grande senso di soddisfazione per come ho reagito, orgogliosa delle mie capacità di reazione controllata in una situazione di potenziale pericolo. Mi sono sentita pronta e coraggiosa. Tuttavia, ho anche provato un senso di sconforto perché se non possiamo viaggiare in sicurezza nemmeno sullo Z649 che da Molino Dorino porta a Busto Garolfo, significa che la situazione generale della sicurezza è degenerata e sarà sempre più difficile estirpare questi individui che si espandono nella provincia innocente e indifesa.

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