Un’indagine affidata a un gruppo di esperti, per comprendere gli effetti del Cytotec, un farmaco per l’aborto.
Una tisana “avvelenata” per indurre l’aborto alla compagna.
È stata disposta dai giudici del tribunale di Monza nel processo contro un uomo di 55 anni, un mobilificio della Brianza, accusato di aver causato una “interruzione di gravidanza non consensuale” e che rischia una condanna a sei anni di reclusione.
Rinviata la sentenza
Nessuna sentenza è stata emessa nell’udienza dello scorso giovedì, ma è stata presa la decisione di affidare a un gruppo di esperti una valutazione approfondita sul farmaco al centro del processo, per verificare completamente la testimonianza della parte lesa. Quest’ultima, una donna di dieci anni più giovane rispetto all’imputato, ha raccontato di essere stata avvelenata nel maggio 2018 (all’epoca lavorava come commessa in un negozio nel centro di Monza), poco più di un anno dopo l’inizio della loro relazione, quando era ancora nelle prime settimane di gravidanza.
I sospetti sulla tisana
All’inizio c’era stata qualche tensione, ma la coppia aveva deciso di andare avanti con la gravidanza (l’uomo aveva già altri figli da un precedente matrimonio). Secondo le accuse, il 55enne avrebbe offerto alla donna una tisana e un bicchiere d’acqua di cocco in una serata. La donna ha detto di aver notato dei sedimenti sul fondo, ma di non averci fatto caso.
L’aborto
La stessa notte è finita al San Gerardo. A casa, dove viveva da sola, si è svegliata con dolori, crampi atroci allo stomaco e abbondanti perdite di sangue. “I sintomi di un aborto spontaneo o provocato”, come dichiarato in aula da un medico. La scorsa settimana si attendeva la sentenza, ma i giudici hanno invece affidato a un collegio di medici un’approfondita analisi sul farmaco che l’uomo avrebbe sciolto nelle bevande per farle abortire e, secondo l’accusa, per non assumersi la responsabilità di un altro figlio.