Il rapimento di Paolo Ratti: un caso dimenticato di Monza

Era il 9 dicembre 1963, mancavano sedici giorni a Natale. Quel giorno, a Monza, Paolo Ratti venne rapito mentre andava a scuola. Paolo aveva solo 8 anni e frequentava la terza elementare alla scuola Foscolo di via Ferrari. Come ogni giorno, si era incamminato insieme all’amico Alfonso Palermo, vicino di casa e compagno di scuola. Lungo la strada si sarebbe unito a loro anche Giorgio Magnanelli, un altro compagno. Era una scena quotidiana di una Monza in piena ripresa economica. La famiglia di Paolo era benestante e abitava in una palazzina in via Premuda. Suo padre, Giorgio Ratti, trentasei anni, era titolare di un’azienda di serramenti in via San Francesco. Era una famiglia come tante, e quel giorno sembrava essere uno come tutti gli altri.

Ma quella mattina accadde qualcosa di terribile. Verso le 8.40, Paolo e Alfonso vennero avvicinati da un’auto in via Borsa. A bordo c’erano tre giovani che dissero a Paolo di seguirli, perché suo padre li aveva mandati a prendere. Titubante, il bambino si lasciò convincere e salì in macchina, mentre i due amici, compreso Giorgio che aveva assistito alla scena dall’altro lato del marciapiede, andarono a scuola senza sospettare nulla.

A mezzogiorno arrivò la telefonata dei rapitori a casa Ratti, gettando i genitori nella disperazione. La voce al telefono chiedeva trenta milioni di lire come riscatto per Paolo. La famiglia riuscì a raccoglierne la metà. La legge sul blocco dei beni in caso di sequestro di persona sarebbe arrivata solo nel 1991. Le forze dell’ordine furono immediatamente allertate e in poche ore una squadra di duecento agenti si mise in moto tra Monza e Milano per cercare Paolo.

La seconda chiamata dei rapitori arrivò alla famiglia Ratti alle 16.30. La consegna dei soldi doveva avvenire alle 20.00 nella piazza Libertà a Trezzo sull’Adda. Le cronache dell’epoca descrivono nei minimi dettagli i momenti concitati del rilascio. Il padre incontrò il primo rapitore, mentre gli altri due scesero dall’auto lasciando incustodito il bambino rapito. Gli agenti di polizia e i carabinieri intervennero prontamente. Il rapimento, durato solo dodici ore, si concluse nel commissariato di Monza. Due dei tre rapitori furono immediatamente arrestati, mentre il terzo si costituì poche ore dopo. Avevano tutti vent’anni. Uno di loro era stato dipendente dell’azienda di Ratti qualche anno prima.

Oggi sono in pochi a ricordare questa storia, l’unico caso di rapimento di un minore a Monza. Un rapimento strano, pianificato da tre improvvisati criminali ai danni di una famiglia benestante ma non ricca. I Ratti, secondo alcuni ex vicini di casa, lasciarono l’appartamento di via Premuda un paio di anni dopo. Anche l’azienda di famiglia venne chiusa e da allora non si è più saputo nulla della famiglia Ratti. Gli archivi comunali sono stati informatizzati molti anni dopo, quindi non si sa dove si siano trasferiti dopo aver lasciato Monza.

Restano solo le pagine dei giornali e le foto di un bambino con lo sguardo smarrito, fotografato dai reporter subito dopo il rilascio, mentre stringe tra le mani un mucchio di soldi che avrebbero dovuto garantirgli la libertà.

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