Una sentenza importante è stata emessa ieri dal tribunale civile di Lodi riguardo al “caso mense”, che potrebbe creare un precedente giuridico. Il giudice ha accolto il ricorso presentato da una famiglia di extracomunitari, originaria dell’Ecuador, che era stata colpita dal regolamento della Giunta Casanova sull’accesso alle prestazioni sociali agevolate. Grazie a questa decisione, il bambino di 8 anni potrà pagare 2,20 euro per pasto invece dei 5 euro richiesti per frequentare la mensa scolastica. Inoltre, la sentenza ha effetto retroattivo, quindi la famiglia dovrà ricevere un rimborso di quasi 3 euro per ogni pasto pagato in più dal 14 settembre, primo giorno di scuola.
La vicenda è iniziata circa 9 mesi fa, a febbraio, quando la famiglia ha inviato al consolato dell’Ecuador la documentazione richiesta dal Comune per certificare l’assenza di redditi e proprietà all’estero. A marzo, il consolato ha risposto che i documenti richiesti non potevano essere prodotti. A quel punto, la famiglia ha deciso di rivolgersi all’avvocato Daniele Nigro del foro di Lodi, che il 7 settembre ha inviato al Comune tutta la documentazione e le risposte ricevute dagli ecuadoregni tramite Pec. Tuttavia, non è stata data alcuna risposta. Il 17 settembre, la signora si è recata all’ufficio Istruzione e ha scoperto di essere stata classificata nella fascia massima e quindi non poteva accedere ai servizi sociali agevolati. Solo il 18 ottobre è stato notificato il ricorso al tribunale di Lodi, con la richiesta di una valutazione sommaria dell’assegnazione. Solo lunedì sera è arrivata una comunicazione dal Comune, firmata dal dirigente Giuseppe Demuro, in cui si diceva che il 21 settembre era stata presa una decisione provvisoria di ammissione dello studente. Ieri, invece, i legali del Comune hanno presentato una memoria difensiva in cui si ammetteva definitivamente l’ammissione della famiglia alle prestazioni agevolate.
Il Coordinamento Uguali Doveri, che ha raccolto oltre 145mila euro di donazioni per sostenere le spese scolastiche dei 200 bambini coinvolti, considera questa sentenza solo “il primo tassello”. “Ci sono ancora più di un centinaio di famiglie che vogliono sapere cosa fare ora”, afferma Michela Sfondrini. “Questo è solo il primo caso risolto dopo una battaglia legale. Il Comune ha deciso di fare un passo indietro, ma non è la strada giusta per ottenere i propri diritti. Ogni famiglia dovrà riproporre questa procedura ogni 18 mesi per vedersi riconosciuti i propri diritti”. Il 6 novembre si discuterà a Milano un secondo ricorso in tribunale.

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