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Domenica 7 gennaio 2024

FOPPOLO – Il racconto dei quattro giovani che hanno salvato il 37enne bloccato nella neve col carro funebre al rifugio Dordona.

“Quando siamo arrivati era seduto sotto la tettoia della casera accanto al rifugio. Era intirizzito, parlava a bassa voce ed era in stato confusionale. Al primo di noi che l’ha visto ha detto: ‘Piacere, Gianfranco’. Se non lo avessimo trovato, nel giro di poco si sarebbe addormentato e non sarebbe scampato al freddo”.

Alessandro Gherardi, 32enne di Foppolo, è uno dei 4 giovani (gli altri sono Giorgio Frassoni, 23, Luca Cattaneo, 28, entrambi di Foppolo, e Paolo Scuri, 23, di Branzi) che venerdì 5 gennaio, coordinati dal Soccorso alpino, hanno salvato il 37enne milanese che con un carro funebre era rimasto bloccato per la bufera di neve sulla strada che da Fusine in Valtellina porta al passo Dordona e scende a Foppolo. Tragitto in parte sterrato, chiuso come ogni anno dal 30 novembre e in estate percorribile solo con fuoristrada.

L’uomo doveva trasportare da Colico a Milano la salma di Manuela Spargi, la 56enne milanese finita nel lago di Lecco con l’auto il 2 gennaio. “Eravamo in chiesa alle 14,45 ad attendere l’arrivo del feretro – racconta la nipote Cristiana Bonanno -, ma non è mai giunto. Così abbiamo chiamato le pompe funebri, che ci hanno detto che il satellitare lo localizzava in zona Sondrio; anche loro non sapevano nulla. Io le prime notizie le ho apprese stamattina (il 6 gennaio, ndr). Comunque, i funerali dovrebbero essere tra lunedì e martedì 8 e 9 gennaio”. La bara è stata recuperata sabato 6 gennaio con un altro carro funebre e con l’aiuto dei Vigili del fuoco, Soccorso alpino e carabinieri, ed è stata sottoposta a controlli. Il 37enne ai primi soccorritori ha detto che era intenzionato a passare da Piazza Brembana per un saluto ai genitori (versione che però non ha poi confermato ai carabinieri di Zogno, che l’hanno interrogato in ospedale di San Giovanni Bianco, dove è stato portato per un principio di ipotermia) e di essere stato tradito dal navigatore. Alle 13 si è trovato in piena bufera, impossibilitato a proseguire. Ha cercato di invertire la marcia per tornare a valle, ma vuoi per la sede stradale ricoperta di neve, vuoi per la carreggiata stretta, il mezzo è rimasto bloccato. Per due ore è rimasto in zona cercando vanamente di telefonare ai soccorsi, ma non essendoci campo, a un certo punto ha deciso di muoversi. Ritenendo di essere più vicino a Foppolo si è incamminato verso il passo.

“Dovevamo battere le piste con i ‘gatti’, ma nevicava e non era possibile – continua Gherardi -. Eravamo al bar ‘Sant’Ambroeus’ per l’aperitivo, quando alle 17,15 al nostro amico dell’Akja è giunta la chiamata d’allarme. Ci siamo equipaggiati e con 4 motoslitte siamo saliti verso il passo. C’era bufera di neve, si vedeva poco. La temperatura era 4 gradi sotto lo zero. Il tratto più duro è stato il chilometro dal passo al rifugio. Il vento aveva creato sulla strada dei cumuli di neve alti più di un metro, in alcuni punti dovevamo scendere dalla motoslitta e reggerla. L’abbiamo trovato alle 19: vestiva pantaloni di seta, guanti bianchi e la giacca del completo da cerimonia imbottita ma troppo leggera per certe temperature. Abbiamo acceso un fuoco e abbiamo messo addosso a quell’uomo i nostri giubbotti e una coperta termica. Uno di noi si è tolto calzettoni e scarponi e glieli ha fatti indossare. Il nostro amico è tornato a valle con i mocassini e i calzini di quel signore. Gianfranco ci sembrava rassegnato al peggio. Sarebbe morto di lì a qualche ora. Se non fossimo saliti da Foppolo, forse non l’avrebbero trovato in tempo. Anche perché chi avrebbe mai pensato che per mettersi in salvo era andato verso il passo e non sceso a valle?”.

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Il racconto dei soccorritori “A noi ha detto di aver camminato per 4 ore e per una decima di km fino al rifugio. Qui ha trovato il segnale ed è riuscito a lanciare l’allarme – spiega Gherardi, che con gli altri lavora per la ‘Belmont Foppolo’, società di gestione degli impianti di risalita -. Gli abbiamo chiesto perché non era tornato indietro con il carro funebre. ‘Sono stato uno stupido’, ci ha risposto”.

Dordona soccorso nella neve

“Dovevamo battere le piste con i ‘gatti’, ma nevicava e non era possibile – continua Gherardi -. Eravamo al bar ‘Sant’Ambroeus’ per l’aperitivo, quando alle 17,15 al nostro amico dell’Akja è giunta la chiamata d’allarme. Ci siamo equipaggiati e con 4 motoslitte siamo saliti verso il passo. C’era bufera di neve, si vedeva poco. La temperatura era 4 gradi sotto lo zero. Il tratto più duro è stato il chilometro dal passo al rifugio. Il vento aveva creato sulla strada dei cumuli di neve alti più di un metro, in alcuni punti dovevamo scendere dalla motoslitta e reggerla. L’abbiamo trovato alle 19: vestiva pantaloni di seta, guanti bianchi e la giacca del completo da cerimonia imbottita ma troppo leggera per certe temperature. Abbiamo acceso un fuoco e abbiamo messo addosso a quell’uomo i nostri giubbotti e una coperta termica. Uno di noi si è tolto calzettoni e scarponi e glieli ha fatti indossare. Il nostro amico è tornato a valle con i mocassini e i calzini di quel signore. Gianfranco ci sembrava rassegnato al peggio. Sarebbe morto di lì a qualche ora. Se non fossimo saliti da Foppolo, forse non l’avrebbero trovato in tempo. Anche perché chi avrebbe mai pensato che per mettersi in salvo era andato verso il passo e non sceso a valle?”.

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